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venerdì 29 aprile 2011

Le conseguenze d el cemento


Seguendo la filiera del cemento puoi conoscere il nostro disastrato paese. E lo si può fare leggendo «Le conseguenze del cemento», la nuova fatica di Luca Martinelli edito da Altreconomia. Scandito come una sceneggiatura, come il bel titolo suggerisce, il libro proietta un film inquietante.

Le superfici urbanizzate in questo paese coprono il 7,6 per cento del territorio nazionale, una superficie pari a regioni come la Puglia e il Molise messe insieme. Una situazione che non può che peggiorare visto che i comuni, economicamente sul lastrico, possono utilizzare fino al 75 per cento degli oneri di urbanizzazione per finanziare la spese corrente. «Il suolo è visto come una risorsa monofunzionale» denuncia Paolo Pileri responsabile scientifico dell’osservatorio nazionale sul consumo di suolo. Sulla cementificazione della terra ci guadagna il privato e ci guadagna il pubblico che non può contare su altre entrate.

Il cemento è una risorsa per molti a cominciare dai cavatori di ghiaia e sabbia, un settore che le amministrazioni non vogliono governare e controllare visto che ben dieci regioni italiane non si sono dotate di un piano cave. Ma la «filiera grigia» non sarebbe così redditizia se, a monte, non vi fossero le banche a foraggiarne a piene mani la marcia trionfale. Banche che concedono con difficoltà mutui per poche decine di migliaia di euro a giovani coppie, aprono senza batter ciglio generose linee di credito per progetti immobiliari faraonici e, alle volte, vacillanti. Ma che non possono fallire, sono ad «obbligo di risanamento», e vengono salvate a patto che la giostra – progetto, credito, investimento, rimborso – non smetta di girare.

Come nel caso del gruppo Ligresti, oberato dai debiti, i cui progetti immobiliari coinvolgono Intesa Sanpaolo e Unicredit i quali sono «costretti» a tenerlo a galla. Guadagnando a piene mani. Una gigantesca bolla finanziaria che si poggia sul mattone. A pagare i piccoli acquirenti che comprano a prezzi gonfiati e i cittadini che vedono le loro città stravolte.

Questa bolla traina, tra le altre cose, l’industria cementiera. Siamo i primi produttori di cementi a livello europeo con 88 impianti e un fatturato complessivo di 3 miliardi di euro. La seconda fonte di emissione di Co2 dopo le centrali termoelettriche.

La «filiera grigia» incrocia più volte la politica che predispone volentieri il suo espandersi. Il cemento tracima nelle nostre coste anche attraverso il progetto, finanziato dalla società pubblica «Italia Navigando», di creare una rete di porti turistici. Si legge porti ma occorre leggere centri commerciali, ristoranti, condomini e via edificando. In tempi di crisi, mentre si taglia il fondo di sostegno agli affitti il governo ha pensato bene di finanziare con 50 milioni di euro Italia Navigando. E’ così che tra il 2008 e il 2009 in Italia sono stati inaugurati 30 nuovi porti.

Se non sono porti sono centri commerciali spuntati come funghi un po’ in tutta Italia, solo nel 2009 ne sono stati aperti 36 e ampliati 4 già esistenti. Oppure stadi che nella nuova versione saranno «integrati» con centri commerciali: accade in Abruzzo, con la stadio del Real Teramo affiancato dal centro commerciale Gran Sasso Shopping, ma sta per accadere un po’ in tutta Italia.

Il cemento ha conquistato tutti anche le Ferrovie dello Stato che sempre meno preoccupate a far viaggiare i treni, come hanno ben capito i pendolari, sono impegnati nel valorizzare i terreni di cui sono proprietari. Valorizzare tal punto che a Bergamo, stanno pensando di coprire i binari per costruirci sopra condomini. Un motore impazzito quello che fa girare la filiera grigia. Non mancano i tentativi d’incepparlo, di preservare bellezze ed equilibri. Come nota Salvatore Settis nell’intervista che chiude il volume, «il paesaggio [è] un riflesso della società che lo ha creato». Per questo riflettere sul paesaggio, anche grazie al questo bel libro di Martineli, assomiglia alla visione di un film terrorizzante.

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