Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia

Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia

mercoledì 14 marzo 2012

Togliere l’articolo 18: a chi serve?


E’ spontaneo chiedersi perché mai il tema dell’art. 18 Statuto dei Lavoratori occupi in modo così rilevante l’attenzione del governo Monti. E questa domanda è ulteriormente sollecitata dal fatto che risulta, da dichiarazioni di alcuni esponenti confindustriali e da un sondaggio dalla stessa Confindustria fra i suoi iscritti, che questo tema, invece, non è (o per lo meno non lo era, prima del pressing del Governo e di diversi, famigerati, organismi internazionali) al centro dell’attuale attenzione del mondo imprenditoriale.

Acquista così, su questa base, forza l’ipotesi che il problema non sia allora quello – già in sé e per sé incredibile – di adottare una misura che incentivi (con un passo all’indietro di più di quaranta anni) l’occupazione, ma sia quello di proseguire, sul piano dell’organizzazione produttiva, nella ristrutturazione, in senso autoritario, dell’intero sistema sociale. L’obbligo, per i datori di lavoro, di reintegrare nel posto di lavoro chi è stato licenziato senza giusta causa o giustificato motivo costituisce, infatti, l’unica effettiva tutela – per le possibilità di vita proprie e della propria famiglia – di quei lavoratori che hanno posizioni ideologiche antitetiche a quelle del pensiero unico dominante, e che, coerentemente, cercano di diffondere queste loro posizioni – e le azioni conseguenti – nei luoghi di lavoro e nella società.

Tolto l’obbligo di reintegrazione, sostituendolo con quello di corrispondere un indennizzo monetario, l’organizzazione produttiva si potrà facilmente liberare – con una certa quantità di soldi – di queste “spine irritative” non conformiste, di questi “suscitatori di dissenso”, di questi “sognatori” di un’organizzazione sociale ribaltata in senso socialista. Né si dica, come dicono alcuni professori di area di c.d. sinistra, che sarà sufficiente mantenere la possibilità dell’annullamento dei licenziamenti discriminatori: è infatti ben noto, a chi si occupa di diritto del lavoro, che la prova del carattere discriminatorio di un licenziamento costituisce “probatio diabolica”, cioè pressoché impossibile.

Ricordiamo che, mentre la prova dell’esistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo deve essere fornita da chi ha licenziato, la prova della discriminatorietà deve essere data da chi ne sostiene l’esistenza. Nella stessa direzione, peraltro, vanno anche, pur con sfumature diverse, le proposte d’area PD di un “contratto unico” che lasci, all’interno dello schema del rapporto di lavoro subordinato, i nuovi assunti privi della tutela dell’art. 18 per i primi (tre) anni di lavoro.

Con questo tipo di inserimento aziendale sarà facile, per gli Uffici Personale, selezionare i lavoratori “degni” di essere stabilizzati. L’inserimento stabile nel mondo del lavoro sarà, cioè, riservato solo a chi dimostrerà, nel lungo periodo iniziale, di essere omogeneo ai c.d. valori aziendali. Trattando di questo tema mi è spontaneo ricordare gli anni 1976/1977, a Milano, quando la lotta dei disoccupati organizzati si legò alle iniziative sul piano giudiziario tese a denunciare la pratica delle “schedature” preassuntive all’Alfa Romeo (prassi già emersa anni prima alla Fiat) e a rimettere in funzione l’allora ancora vigente sistema del Collocamento pubblico della manodopera (voluto da una legge del 1949, e poi lasciato cadere in disuso) che assicurava, attraverso la cosiddetta “chiamata numerica” dall’Impresa all’Ufficio di Collocamento, l’assunzione dei lavoratori iscritti al Collocamento stesso secondo criteri obiettivi, senza alcuna possibilità di discriminazione.

E non per caso, dopo questa ripresa di funzionamento del ruolo pubblico del Collocamento, entrarono in Alfa Romeo decine e decine di giovani, sicuramente “non conformisti”, e assai disponibili a portare avanti le lotte allora in corso, ed altre ancora. Eliminare oggi l’art. 18, ovvero anche costruire un “contratto unico di ingresso”, è, cioè, operazione lungimirante, non limitata all’oggi, voluta dalle intelligenze che tirano le file dell’attuale riassetto sociale, a livello internazionale, e volta a procedere nella costruzione di quel nuovo modello sociale che, pezzo per pezzo, viene montato. Modello sociale che non ha più nulla di “liberale”, e ha tutto del sistema, nei fatti (non nelle forme), dittatoriale: unicità di pensiero, de-solidarizzazione, aggressività guerrafondaia sotto le ipocrite forme delle missioni di pace, criminalizzazione delle ideologie “sovversive”, e, in ultima analisi, annientamento di chi rifiuta di allinearsi. Già, perché privare della tutela dell’art. 18 i lavoratori ancora antagonisti, ovvero impedire l’accesso al lavoro dei giovani anche solo potenzialmente ribelli, significa proprio questo: togliere loro possibilità di vita dignitosa, cioè annientarli.

E, ancora una volta, mi sembra di poter cogliere i nessi, anche sul piano delle forme giuridiche, tra organizzazione del lavoro (e possibilità di vita dei lavoratori stessi) e sistema penale. Alla ulteriore “marginalizzazione” di settori sociali antagonisti risponde infatti (anzi, ha già risposto) la creazione di un armamentario repressivo essenzialmente centrato sulla punizione, in misura esorbitante rispetto alla “media” delle “quantità punitive”, della identità sovversiva.

domenica 11 marzo 2012

L'estinzione della democrazia


Gianni Ferrara è uno dei migliori costituzionalisti italiani, da sempre schierato a sinistra.
La sua analisi è preoccupata e preoccupante, ma terribilemente realistica.


Il «fiscal compact» europeo e il pareggio di bilancio inserito nella Costituzione cancelleranno i diritti. I diritti, infatti, costano. E se lo stato non potrà più indebitarsi, lo scandalo della ricchezza dei singoli contro la povertà del pubblico sarà sancito per sempre. Monti ha già firmato, Hollande resiste. La Francia, per ora, è l'unica speranza per l'Europa
Questo inverno sarà ricordato. Dai costituzionalisti, dagli economisti, dai filosofi della politica, dagli storici. Lo sarà perché sta segnando il compimento della controrivoluzione iniziata in Occidente negli anni 70-80 dello scorso secolo a mezzo del neoliberismo, usato come reazione all'instaurazione dello stato sociale condannandolo all'estinzione. Lo ha già ridotto ad una larva. Sarà abbattuto.

L'arma che lo finirà è stata forgiata: è il fiscal compact sottoscritto da 25 (su 27) capi di stato e di governo dell'Unione europea il 2 marzo scorso. Ha per fine l'espropriazione senza indennizzo, senza corrispettivo, pura e semplice, netta, della sovranità finanziaria degli stati. Il che equivale a sancire la sottrazione dello strumento cardine della politica di distribuzione della ricchezza prodotta all'interno degli stati alla democrazia negli stati.

A perpetrare questa espropriazione si provvede con un trattato internazionale, l'ultimo temporalmente e il più efficace dell'armamentario diretto alla neutralizzazione della politica e alla devoluzione della sovranità ai mercati, cioè agli agenti nei mercati, diretti o per procura che siano. L'inedita gravità della fase che stiamo attraversando è dimostrata da due dati non contestabili. Uno richiama i caratteri e le implicazioni dello stato sociale, l'altro attiene a come si configura attualmente il rapporto tra stati e capitali.

Primo dato. Si sa che lo stato sociale ha esteso le specie e quindi il numero dei diritti delle donne e degli uomini, integrandone il catalogo con quelli sociali. Quel che non si sa, o, meglio, si nasconde, è che i diritti costano: tutti, nessuno escluso. Costano per la loro tutela, il loro esercizio, la loro effettività. Ma il loro contenuto, cioè i beni che li soddisfano, li differenziano quanto a strumenti che ne assicurano il godimento.
Sono due questi strumenti: gli apparati pubblici e il mercato. Il costo degli apparati pubblici grava, com'è ovvio, sulla capacità contributiva dei cittadini, quello dei beni offerti dal mercato dal rapporto tra domanda ed offerta.

Gli uni si fondano quindi sul contributo pubblico, gli altri sulla disponibilità di danaro dei singoli. I diritti alla sicurezza interna ed esterna, alla tutela della proprietà privata, allo scambio di merci, alla neutralità di chi giudica le controversie, alla libertà di movimento di persone, merci e servizi, trovano negli apparati pubblici i mezzi che coloro che hanno maggiore capacità contributiva ritengono convenienti ad assicurarli. Se ne servono e il costo di tali apparati non è messo in discussione. Il mercato, invece, seleziona i cittadini che hanno alta e anche rilevante capacità contributiva e li privilegia. Privilegia coloro che possono acquisire sul mercato, ad un prezzo corrispondente ai loro bisogni specifici, i beni e i servizi corrispondenti ai diritti sociali reclamati dalle fasce dei cittadini con capacità contributiva bassa o nulla. Privilegia quindi coloro su cui grava il costo degli apparati pubblici necessari a fornire le prestazioni che soddisfano i diritti sociali, apparati che possono essere finanziati soltanto con la riduzione dei profitti e della rendite.

Siamo di fronte ad un profilo della lotta di classe che si dispiega direttamente nel giuridico. Ad essere investiti sono diritti sanciti come fondamentali in una democrazia. Se li si separa comprimendo, declassando quelli sociali, si trasforma la democrazia in un diverso regime. Un regime, magari liberale, ma a dominanza di classe, quella detentrice di capitali.
Secondo dato. A leggere le stime del Fmi, l'ammontare dei prestiti che i vari governi del mondo dovranno ottenere dai mercati quest'anno supererà gli undicimila miliardi di dollari. L'entità della cifra atterrisce ma ancora più deve scandalizzare quel che sottende. Rivela la enormità della differenza tra le risorse finanziarie disponibili dagli stati e quelle in mano ai privati. È quindi un baratro quello che separa la ricchezza che soddisfa gli interessi individuali da quella destinata alla tutela degli interessi collettivi, pubblici, comuni (pur scontando la tara della corruzione e delle spese militari degli stati).

È questo l'effetto prodotto dalla controrivoluzione scatenata dal capitale mediante il neoliberismo.
Quel neoliberismo che, in Europa, ha sancito, nei Trattati dell'Ue, al di là di tante inebrianti ma vuote declamazioni, l'assolutismo del mercato. Ha poi avvolto le Costituzioni dello stato sociale, e tra esse la nostra, sotto la cappa della integrazione europeista.
Alla crisi vasta e profonda che ha prodotto tale disastrosa ideologia, i suoi sostenitori, capi di stato e di governo, Commissione e Bce, rispondono non respingendola ma soffocando stato sociale e Costituzioni e, con lo stato sociale, soffocano la democrazia tout court.

Lo prova il fiscal compact che riconferma ed irrigidisce l'ideologia liberista. Mira, non solo, come rilevato all'inizio, a neutralizzare le istituzioni rappresentative europee e nazionali con la sottrazione della potestà finanziaria e di bilancio ma spoliticizza le decisioni che vi ineriscono per immunizzarle da ogni responsabilità. Propone imperiosamente il pareggio del bilanci statali da sancire con norme costituzionali, con il che, in ultima analisi, chiunque potrà continuare ad indebitarsi per perseguire nel futuro il suo interesse privato. Ma per perseguire l'interesse pubblico no, non lo deve lo stato, non lo potrà nessuno. Prescrive il rientro iugulatorio nei parametri di Maastricht. Affida il controllo sui bilanci degli stati alla Commissione e alla Corte di giustizia, organi irresponsabili politicamente, quindi del tutto.

Qualche mese fa, apparvero su questo giornale due articoli, molto bene argomentati, secondo i quali la crisi di governo determinata dalla dimissioni di Berlusconi era stata risolta in modo difforme dai canoni del governo parlamentare. Non condivisi quell'opinione. A qualificare la forma parlamentare di governo è il rapporto di fiducia e, sempre che i poteri del Capo dello Stato siano volti a tal fine, il loro esercizio è ineccepibile. L'essenza di tale forma, infatti, non è «l'elezione del governo» che ne è invece la negazione, ma la conformazione del governo a strumento degli eletti in Parlamento.
Era altra la crisi. Stava mutando la forma di stato, si stava estinguendo la democrazia.
Il clima è questo. Lo rivela la condotta del Governo insediatosi a crisi risolta. Lo dimostra l'altero sussiego con cui si consiglia il precariato come antidodo alla noia, si rimprovera alla Repubblica eccessiva generosità per aver assicurato a tutti previdenza sociale e assistenza sanitaria, si preannunzia una riforma fiscale basata su imposte indirette, in barba all'articolo 53 della Costituzione, Carta mai citata, per la verità, dal presidente del consiglio, in cento giorni, neanche una volta.
C'è qualche speranza per la democrazia e per le costituzioni dello stato sociale? Seppur flebile ed incerta, a darcela è forse la Francia, ancora una volta, se eleggerà Hollande a suo Presidente, respingendo il fiscal compact e assicurando così la democrazia alla Nazione francese e alle altre Nazioni d' Europa.
da "il manifesto"

sabato 10 marzo 2012

Il PRC dalla parte dei lavoratori MPS


Comunicato stampa

E’ vero: viviamo in un’epoca dove la finanza col suo potere agisce indisturbata fino al punto di commissariare l governo e i parlamenti degli Stati se non dell’intera Comunità Europea. E’ vero: sono ormai più di trent’anni che la globalizzazione dei mercati ci viene imposta dai mantra mediatici come il nuovo dio al quale sacrificare i nostri diritti e di fronte al quale la politica ha perso la sua dignità. Ma c’è un limite sia alla crudeltà finanziaria che all’indecenza.

Per questo ci chiediamo come abbia potuto una banca come il MPS, dove ancora i maggiori azionisti, tramite la Fondazione, sono il Comune e la Provincia e quindi la rappresentanza più alta della comunità senese, spendere dal 2006 al 2010 oltre 65 milioni di euro per il suo gruppo dirigente. Soldi destinati a premi, incentivi, auto di rappresentanza, carte carburanti, contributo alloggio, polizze sanitarie, telefonini di ultima generazione, riunioni e convegni in ambite e salottiere località e pernottamenti in Alberghi ad infinite stelle. Ci chiediamo anche quanto siano costate le consulenze e le indagini di quegli advisor che non hanno mai azzeccato una scelta (Banca 121 e Antonveneta per citare quelle più conosciuti).

Ci chiediamo tutto questo e la risposta che ci siamo dati è che tutto ciò sia servito per far riprodurre negli anni un sistema di potere malato, basato sulla ripartizione degli incarichi per convenienza di consorteria. Facciamo anche autocritica però sul nostro Partito poiché anche noi, ai tempi delle vacche grasse, non siamo riusciti a vedere a denunciare a fondo ciò che non andava.

E’ vero: fino a poco tempo fa Siena e la sua provincia, grazie agli utili riversati sul territorio tramite la Fondazione godeva di un welfare supplementare che spesso è andato oltre la garanzia di ulteriori diritti ai cittadini per sfociare in favori e sistemazioni. Ora che però è arrivato il tempo delle vacche magre non ci stiamo che a pagare di più e per primi debbano essere sempre i cittadini e i lavoratori.

Il piano stratetico messo in piedi dai vertici del MPS chiede un sacrificio di 1400 esuberi che vale un risparmio a regime di 180 milioni sul triennio 2011/2013.

Ebbene, con quale dignità si possono chiedere ulteriori sacrifici ai lavoratori, a chi è stato costretto a subire scelte sbagliate, nel silenzio assordante e/o connivente della politica e delle istituzioni?

Il Partito della Rifondazione Comunista è nettamente contrario a questo piano di riassetto che sarebbe un ulteriore trave sulla testa delle famiglie dei dipendenti e su gran parte del tessuto sociale senese.

Per questo siamo contenti che sia stato confermato lo sciopero dei dipendenti MPS per il 16 Marzo in risposta ai tagli al personale annunciati dal C.d.A. della banca il 22 febbraio scorso, lo sciopero sarà l’occasione per esprimere piena solidarietà ai lavoratori e per sostenere pienamente la loro mobilitazione alla quale, speriamo, parteciperanno tutti i cittadini alfine di impedire l’attuazione del piano di esuberi e per chiedere che i tagli vengano operati sulle consulenze, sugli incarichi “a pioggia” e sugli sperperi e ci fermiamo qua perché non vogliamo certo rubare il mestiere ai ben pagati amministratori e dirigenti della banca!




Matteo Mascherini

Segretario Provinciale PRC Siena


Antonio Falcone

Consigliere Provinciale PRC Siena


Francesco Andreini

Segretario Circolo PRC Siena



mercoledì 7 marzo 2012

9 Marzo, di nuovo scipero generale, di nuovo con la Fiom!


Anche gli ultimi atti confermano quanto il governo Monti sia distante dai lavoratori e come voglia approfittare della crisi per cancellare le residue tutele del mondo del lavoro, sopravvissute al furore antioperaio di Berlusconi e dell’ex ministro Sacconi.

Oggi, dopo varie leggi come quelle Treu, Biagi, il collegato lavoro,l’art. 8 della finanziaria bis del 2011, ed accordi scellerati come quello del 28 giugno tra Cgil Cisl Uil e Confindustria, dopo i ripetuti peggioramenti al sistema pensionistico, è la volta dell’art.18 dello statuto dei lavoratori, della cassa integrazione e della mobilità.

L’attacco a questi strumenti di difesa dei lavoratori dalle rappresaglie padronali e dalle crisi aziendali rende del tutto evidente che il filo conduttore della pseudo trattativa sugli ammortizzatori sociali non verte su reali questioni economiche, non vuole estenderli a chi ne è privo, ma è finalizzata a sbaragliare le ultime tutele del mondo del lavoro.

E’ questo il senso della volontà di manomettere l’art. 18 o di sopprimere la cassa integrazione straordinaria, peraltro pagata interamente con i contributi che versano i lavoratori e le imprese industriali e, poi, la mobilità.

L’obiettivo quindi è la soppressione della possibilità di essere reintegrato sul posto di lavoro, che è l’elemento centrale dell’art. 18, così come la soppressione della cigs ha come scopo quello di recidere il rapporto di lavoro tra l’azienda e il lavoratore al primo colpo di tosse dell’azienda.

In ambedue i casi si tratta di tutele fondamentali per i lavoratori e che non hanno costi per lo Stato. E’ quindi assolutamente falso che con l’eliminazione di questi due istituti si libereranno risorse economiche per allargare a tutti gli ammortizzatori sociali. Come è falso che la colpa della crisi occupazionale sia determinata dall’art.18.

Insomma, invece di colpire le rendite finanziarie ed i grandi patrimoni per finanziare un sistema di welfare allargato a chi oggi ne è privo , invece di dotare di risorse e di organici adeguati gli organi ispettivi dell’INPS, dell’INAIL, delle ASL, degli ispettorati del lavoro, ovvero gli unici in grado di recuperare seriamente evasione ed elusione contributiva e fiscale, si preferiscono le sceneggiate mediatiche degli scontrini fiscali che sono una goccia nel mare dell’evasione, prospettando un sistema di ammortizzatori sociali costruito sulla base di contributi individuali, sul modello del “si salvi chi può!”.

«Democrazia al lavoro»: con questo slogan la Fiom scende in piazza venerdì per lo sciopero generale di otto ore dei metalmeccanici. La manifestazione nazionale si terrà naturalmente a Roma.

«Due i temi di fondo» dell'iniziativa, spiega il segretario generale Maurizio Landini: difesa dei diritti e dell'articolo 18 e contro le scelte della Fiat (ma anche di Federmeccanica, che ha deciso di assumere il "modello" di relazioni industriali inaugurato da Marchionne), per la «riconquista» del contratto nazionale e della rappresentanza in fabbrica.

«Ci aspettiamo una giornata positiva e importante perchè vediamo la crescita del consenso e delle ragioni messe in campo». Il Pd, com'è ormai noto, non parteciperà al corteo neppure con i suoie esponenti più "di sinistra", come fassina e Orfini.

«Abbiamo scritto a tutti i parlamentari italiani ed europei e ci siamo rivolti alle forze politiche, ne rispettiamo l'autonomia e le decisioni», però «il punto non è se sono con la Fiom, ma ciò che denunciamo», ossia che «siamo di fronte a vere e proprie discriminazioni e al non rispetto della libertà». Come in Fiat, dove «non c'è un iscritto Fiom nelle prime duemila assunzioni a Pomigliano», dice Landini. Il corteo di venerdì a Roma partirà da piazza della Repubblica intorno alle 9.30 e arriverà a piazza San Giovanni.

Tra gli interventi previsti sul palco venerdì, anche quello di un rappresentante del Movimento per l'acqua e di molti lavoratori metalmeccanici, soprattutto dei grandi gruppi industriali (Fiat, Fincantieri e Finmeccanica) e di Wagon lits. Prenderanno la parola anche il presidente del sindacato dei metalmeccanici greco (Poem) Yannis Stefanopoulos, oltre ad alcuni esponenti del mondo della cultura.

Quanto alle presenze, «ci attendiamo l'arrivo di circa 600 pullman», quindi circa 30 mila persone solo dalle altre regioni, spiega il responsabile dell'ufficio organizzativo della Fiom, Francesca Re David, sottolineando che «solo due treni arriveranno dall'Emilia Romagna», perchè «è ormai impossibile per noi utilizzare i treni con i prezzi che hanno».

«Chiediamo a tutti i metalmeccanici di non lavorare venerdì e di venire a Roma a manifestare: è una scelta impegnativa in una fase di crisi così forte» ma le ragioni sono tante, afferma Landini: «La nostra manifestazione mette al centro la democrazia, il lavoro, inteso come numero di posti di lavoro e difesa dei diritti, la riconquista di un nuovo contratto nazionale degno di questo nome e la conferma della nostra contrarietà rispetto alle scelte della Fiat».

martedì 6 marzo 2012

Lavori in Consiglio Comunale

N°1

OGGETTO: Interrogazione sui lavori di scavo, nel cortile, di fronte all’ingresso dell’asilo Merisol, in loc. S. Martino, nel Comune di Monteriggioni



Mi è stato segnalato da alcuni genitori, che portano all’asilo Merisol i loro figli, che all’interno del nuovo plesso scolastico, nel cortile fronti stante l’ingresso dell’asilo, insisteva un cantiere senza una segnaletica adeguata e privo di idonea transennatura, quindi molto pericoloso per l’incolumità dei bambini che possono oltrepassare con facilità tale delimitazione.


Dopo aver verificato e fotografato lo stato attuale del cantiere ( foto 1 e 2 ) ho chiamato il comandante della Polizia Municipale, Rossi Alessandro, chiedendo di eseguire un sopralluogo per verificare;

Se lo stato attuale dei lavori era conforme alle norme per l’attività edilizia.

Se il cantiere era istallato da una ditta privata oppure dall’ufficio tecnico comunale.


Vista la risposta affermativa del Comandante Rossi, cioè che il cantiere istallato è di competenza dell’U.T.Comunale, e trattasi di lavori sulla rete fognaria del plesso scolastico,


Interrogo il Sindaco e la Giunta per sapere:

  • Se trattasi realmente di lavori sulla rete fognaria, perché vengono svolti dall’U.T.Comunale e di quale intervento si tratta;

  • Se i lavori rientrano nell’articolo 6 lettera “L” del D.P.R. n. 380/2001, attività edilizia libera, la quale può essere svolta senza obbligo di esporre il cartello di cantiere con le indicazioni della tipologia dell’intervento e del direttore lavori;

  • Se dei lavori cosi rilevanti possono essere ricondotti alla cattiva esecuzione da parte dell’impresa appaltatrice che ha vinto la gara per la costruzione del nuovo plesso scolastico, alla mancata previsione in progetto di taluni lavori da parte del committente oppure ad altre cause;

Chiedo altresì


  • Copia conforme della notifica preliminare all’ASL, il Piano Sicurezza e coordinamento ed il Piano Operativo della Sicurezza, documenti obbligatori per qualsiasi istallazione di cantiere, per verificare che le prescrizioni corrispondano a quanto eseguito realmente.

___________________________________________________________________


N°2

Mozione ai sensi dell’articolo 19 del regolamento del Consiglio Comunale


Oggetto: Mozione in merito al rispetto degli esiti referendari relativi all’abrogazione dell’adeguata remunerazione del capitale investito nella tariffa del servizio idrico integrato”

Ricordato


L’esito dei referendum tenutisi il 12 e 13 giugno 2011 attraverso il quale i cittadini si sono espressi in netta maggioranza fra l’altro per l'abrogazione, dalla tariffa per il servizio idrico pagata dai cittadini, della quota relativa alla “ adeguata remunerazione del capitale investito”, ovvero i profitti garantiti in tariffa per i soggetti gestori.

Considerato

Che il risultato del referendum è vincolante e quindi che si debba dare piena attuazione all’esito referendario medesimo;


Che – per contro – il ministro dell’ambiente Clini ha inviato nei giorni scorsi una missiva all’Autorità per l’energia elettrica e il Gas e ai presidenti delle Regioni al fine di “segnalare l’esigenza di dare attuazione a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale, con la sentenza 26/2011, in merito all’abrogazione del comma 1 dell’articolo 154 del D.lgs 152/06, relativo all’adeguata remunerazione del capitale investito, così come stabilito dal DPR 18 luglio 2011 n. 116.” Quindi di rispettare l’esito referendario sul punto adempiendo la suddetta sentenza della Corte Costituzionale;


Che nel bacino ATO 6 Ombrone, gestito dalla società “Acquedotto del Fiora”, la quota di remunerazione del capitale investito è pari al 14,8% per il periodo relativo al 2011 e il 15,9% per il 2012 del corrispettivo dovuto, per i servizi di acquedotto fognatura e depurazione;


Che si è finalmente registrato un atto nella direzione del rispetto dell’esito referendario sul punto da parte di un Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale del servizio idrico – quella dell’Alto Veneto – che ha deliberato lo scorso mese di febbraio la “ricalibrazione della tariffa del servizio idrico integrato, escludendo la remunerazione del capitale investito dal calcolo della stessa, per rispettare l’esito referendario in merito al secondo quesito”;


Impegna il Sindaco e la Giunta


Ad attivarsi, per quanto di sua competenza, in sede di ATO 6 Ombrone, e in tutte le sedi deputate,

al fine di fare rispettare la sentenza n° 26 del 2011 della Corte Costituzionale e così contribuire a dare attuazione dell’esito referendario dello scorso giugno;

Dispone di inviare la presente mozione al Presidente del Consiglio Regionale Toscano.


Gianni Polato

Consigliere lista comunista di Monteriggioni.




Il mio voto va rispettato! campagna di Obbedienza Civile.


Rifondazione Comunista di Monteriggioni aderisce alla campagna di "Obbedienza Civile" indetta dal comitato Acqua Bene Comune per la cancellazione dei profitti in bolletta da parte del gestore "Acquedotto del Fiora" riguardante la re numerazione del capitale investito, norma abrogata il 20 di luglio 2011, con il voto referendario.
Tutti i cittadini che volessero aderire all'iniziativa o ricevere informazioni in merito, potranno rivolgersi allo sportello aperto al pubblico, in via Cassia nord 31, ( lato bar dell'Orso ) tutti i martedì dalle ore 17:30 alle 19:00, a partire dal mese di marzo.
Per informazioni telefonare al numero 33873926133.