Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia

Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia

venerdì 29 aprile 2011

Le conseguenze d el cemento


Seguendo la filiera del cemento puoi conoscere il nostro disastrato paese. E lo si può fare leggendo «Le conseguenze del cemento», la nuova fatica di Luca Martinelli edito da Altreconomia. Scandito come una sceneggiatura, come il bel titolo suggerisce, il libro proietta un film inquietante.

Le superfici urbanizzate in questo paese coprono il 7,6 per cento del territorio nazionale, una superficie pari a regioni come la Puglia e il Molise messe insieme. Una situazione che non può che peggiorare visto che i comuni, economicamente sul lastrico, possono utilizzare fino al 75 per cento degli oneri di urbanizzazione per finanziare la spese corrente. «Il suolo è visto come una risorsa monofunzionale» denuncia Paolo Pileri responsabile scientifico dell’osservatorio nazionale sul consumo di suolo. Sulla cementificazione della terra ci guadagna il privato e ci guadagna il pubblico che non può contare su altre entrate.

Il cemento è una risorsa per molti a cominciare dai cavatori di ghiaia e sabbia, un settore che le amministrazioni non vogliono governare e controllare visto che ben dieci regioni italiane non si sono dotate di un piano cave. Ma la «filiera grigia» non sarebbe così redditizia se, a monte, non vi fossero le banche a foraggiarne a piene mani la marcia trionfale. Banche che concedono con difficoltà mutui per poche decine di migliaia di euro a giovani coppie, aprono senza batter ciglio generose linee di credito per progetti immobiliari faraonici e, alle volte, vacillanti. Ma che non possono fallire, sono ad «obbligo di risanamento», e vengono salvate a patto che la giostra – progetto, credito, investimento, rimborso – non smetta di girare.

Come nel caso del gruppo Ligresti, oberato dai debiti, i cui progetti immobiliari coinvolgono Intesa Sanpaolo e Unicredit i quali sono «costretti» a tenerlo a galla. Guadagnando a piene mani. Una gigantesca bolla finanziaria che si poggia sul mattone. A pagare i piccoli acquirenti che comprano a prezzi gonfiati e i cittadini che vedono le loro città stravolte.

Questa bolla traina, tra le altre cose, l’industria cementiera. Siamo i primi produttori di cementi a livello europeo con 88 impianti e un fatturato complessivo di 3 miliardi di euro. La seconda fonte di emissione di Co2 dopo le centrali termoelettriche.

La «filiera grigia» incrocia più volte la politica che predispone volentieri il suo espandersi. Il cemento tracima nelle nostre coste anche attraverso il progetto, finanziato dalla società pubblica «Italia Navigando», di creare una rete di porti turistici. Si legge porti ma occorre leggere centri commerciali, ristoranti, condomini e via edificando. In tempi di crisi, mentre si taglia il fondo di sostegno agli affitti il governo ha pensato bene di finanziare con 50 milioni di euro Italia Navigando. E’ così che tra il 2008 e il 2009 in Italia sono stati inaugurati 30 nuovi porti.

Se non sono porti sono centri commerciali spuntati come funghi un po’ in tutta Italia, solo nel 2009 ne sono stati aperti 36 e ampliati 4 già esistenti. Oppure stadi che nella nuova versione saranno «integrati» con centri commerciali: accade in Abruzzo, con la stadio del Real Teramo affiancato dal centro commerciale Gran Sasso Shopping, ma sta per accadere un po’ in tutta Italia.

Il cemento ha conquistato tutti anche le Ferrovie dello Stato che sempre meno preoccupate a far viaggiare i treni, come hanno ben capito i pendolari, sono impegnati nel valorizzare i terreni di cui sono proprietari. Valorizzare tal punto che a Bergamo, stanno pensando di coprire i binari per costruirci sopra condomini. Un motore impazzito quello che fa girare la filiera grigia. Non mancano i tentativi d’incepparlo, di preservare bellezze ed equilibri. Come nota Salvatore Settis nell’intervista che chiude il volume, «il paesaggio [è] un riflesso della società che lo ha creato». Per questo riflettere sul paesaggio, anche grazie al questo bel libro di Martineli, assomiglia alla visione di un film terrorizzante.

giovedì 28 aprile 2011

Il marciapiede pubblico mancato!!

L’urbanistica è il tasto dolente dell’amministrazione di Monteriggioni, si continua a costruire case dove mancano parcheggi e marciapiedi, vengono realizzati ma il Comune si “dimentica” di stipulare una convenzione che li renda di uso pubblico e restano privati.

E’ la denuncia del Consigliere comunale di Rifondazione Comunista.

E’ successo nella frazione di San martino, la zona del Comune ancora in forte espansione, dove ci sono molte giovani famiglie con bimbi piccoli, ma è anche la frazione dove ci sono meno servizi e una carenza strutturale di parcheggi, per non parlare dei marciapiedi, rimpiazzati dai “percorsi pedonali disegnati” .

Visto la carenza strutturale di marciapiedi e parcheggi a ogni nuovo insediamento, deve essere preso in considerazione di chiedere all’impresa costruttrice di eseguire subito delle piccole opere di interesse pubblico, nello specifico, un percorso pedonale e parcheggi per la sosta delle auto, dove in molti casi non esistono, almeno da alleggerire il carico urbanistico della zona.

In realtà l’impresa ha realizzato sia il marciapiede sia i parcheggi, si è scoperto dopo che il tutto è di uso esclusivo dei privati, come da accordi con l’ufficio tecnico.

E’ stata una grave leggerezza da parte del Comune, tanto che il passaggio pedonale è stato addirittura chiuso con un cancello.

Il Comune ha stipulato con l’impresa una convenzione che in cambio di destinazione d’uso di alcuni volumi sull’edificato, ha ceduto allo stesso, un appartamento un garage e un posto auto, ma si è “dimenticato” o ha volutamente ignorato, di richiedere al costruttore che il marciapiede ed i parcheggi che insistono su via della Costituzione fossero di uso pubblico.

Nella realtà è di uso pubblico solo il marciapiede sul fronte dell’edificio che percorre via del Pozzo, il quale termina con una barriera architettonica di tre scalini, quindi con le carrozzine non può essere percorso e a piedi l’uscita del camminamento sbuca nei pressi di un incrocio.

Oltre che essere un’opera pubblica a metà è un’opera nulla perché è pericoloso anche per i pedoni.

Spero che l’Amministrazione ponga rimedio a questa mancanza prima possibile, sopratutto nei confronti dei cittadini che dice di ascoltare.

mercoledì 20 aprile 2011

Nucleare - Attenti alla trappola

L'annunciata sospensione dei programmi nucleari in Italia, in modo tale da «tener conto» di quanto emergerà a livello europeo nei prossimi mesi, è una brillante mossa populista del governo. Che il clima intorno alla politica nucleare dopo l'incidente giapponese fosse drammaticamente mutato nel nostro paese (e anche a livello internazionale) non era un mistero. È sufficiente considerare i recenti rumorosi successi elettorali dei Verdi tedeschi per averne sentore.

Berlusconi, in crisi, deve presentarsi con qualcosa alle ormai imminenti elezioni. Mostrare un volto responsabile sulla politica energetica può in parte compensare le intemperanze sulla magistratura e sulla scuola pubblica.
Ma gli effetti della mossa rischiano di non fermarsi qui. Già la moratoria di un anno aveva cercato di sdrammatizzare la questione nucleare nel tentativo di mandare gli elettori al mare nei giorni del referendum, il 12 e 13 giugno.
Oggi il rinvio a tempo indeterminato della ripresa del programma nucleare italiano prosegue in quella direzione, e c'è chi dichiara che questa mossa rende inutile il referendum, che quindi non potrebbe più essere celebrato insieme a quelli sull'acqua e sul legittimo impedimento.

Naturalmente questa decisione non spetta al governo né ai suoi tifosi parlamentari, perché nel nostro ordinamento costituzionale l'organo deputato alla decisione è l'Ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione. Si tenga conto che ogni referendum è portatore di un effetto giuridico rafforzato, perché l'effetto abrogativo di un suo eventuale successo deve durare almeno cinque anni. Ben difficilmente quindi un provvedimento come questo, diverso dall'espressa e specifica abrogazione delle (molte) norme che saranno oggetto del giudizio del corpo elettorale, può essere sufficiente a persuadere i magistrati a revocarne l'indizione.

Questa decisione, che da un lato può essere salutata come una prima battaglia vinta dal fronte antinuclearista, d'altro canto può essere molto pericolosa per l'esito finale della guerra di liberazione dei beni comuni. Il referendum nucleare infatti verrà tacciato di inutilità e gli elettori potrebbero essere indotti a disertare le urne, rischiando di travolgere così il raggiungimento del quorum per l'acqua e per il legittimo impedimento (che credo stia molto a cuore al premier).
La strategia del silenzio, utilizzata fin qui in modo spietato in materia di acqua nonostante il milione e mezzo di firme raccolte, è più difficile per il nucleare dopo Fukushima.

La catastrofe nucleare giapponese, giorno dopo giorno, dimostra come la presunta "sicurezza" del nucleare civile non sia che l'ennesimo delirio di onnipotenza dell'uomo moderno. In tutto il mondo sembrano perciò maturi i tempi per invertire definitivamente la rotta e il popolo italiano difficilmente potrà essere tenuto del tutto all'oscuro dell'opportunità di votare. Inoltre il governo trova politicamente conveniente polemizzare con i francesi che stanno sfilando ai nostri interessi di bottega il potenziale bottino energetico in Libia, sicché ora Tremonti maramaldeggia sul presunto «debito nucleare» francese, tentando di nascondere che proprio con i francesi di Edf la nostra Enel si stava apprestando a fare affari.

L'Ufficio centrale della Cassazione potrebbe far saltare il referendum e se anche ciò non avvenisse (cosa che auspichiamo) avrà comunque prodotto un alleggerimento della pressione, cosa molto pericolosa per chi deve affrontare lo scoglio ciclopico del quorum. Spetta al popolo vigilare per difendere la propria sovranità.

Ugo Mattei

mercoledì 13 aprile 2011

Turismo lento, cemento veloce!!









Si avvicina la bella stagione e ricominciamo a vedere i primi turisti in giro per il nostro bellissimo territorio con zaini e scarpe da trekking.

Quale miglior occasione che prevedere la possibilità di costruire delle strutture idonee per ospitare i turisti, implementare l’offerta turistica, magari con strutture di prestigio? Niente paura perchè mentre noi parliamo l’amministrazione passa ai fatti.

L’immensa costruzione che sta nascendo in loc. Rigoni, nel pian del casone non è un nuovo insediamento residenziale ma l’hotel” Hilton” che mette la sua bandierina nel comune di Monteriggioni, a poca distanza dai borghi medievali di Badia Isola e Strove, ad un paio di km dall’omonimo Castello.

Per un Comune con una forte propensione al turismo, come lo è Monteriggioni, sembrerebbe un operazione scontata ma dobbiamo fare alcune distinzioni.

Ben venga un investimento che porterà ad una più ampia offerta turistica ma a quale prezzo?

L’hotel Doubletree by Hilton Resort Siena-Chianti, ( proprio cosi si chiamerà!! ) sarà dotato di 97 camere, cui se ne aggiungeranno altre 23 nel 2012,( per chi ancora non lo sapesse ) e ospiterà due ristoranti con servizio completo, un bar, un centro benessere con piscina coperta, un centro fitness dedicato, una piscina all’aperto da club vacanze e più di 500 metri quadri adibiti ad area riunioni, per un totale di 21000 mc di cemento, su tre piani fuori terra e uno interrato, senza l’ampliamento per altre 23 camere di cui l’hotel ha fatto richiesta di ampliamento nel 2010.

Se ci sono i turisti è giusto che ci sia un’offerta turistica altrettanto adeguata, ovviamente bisogna considerare che ( fortunatamente ) siamo in una zona di alto pregio storico paesaggistico e naturalistico, e forse è anche questo che favorisce l’attrazione da parte dei turisti di questo luogo( con un + 16% nel 2009 ultimi dati ).

Quello che voglio capire è come mai, se c’è bisogno di strutture ricettive, si debba ricercare in un solo operatore economico e in una sola struttura ( per di più la catena alberghiera Hilton è una multinazionale ), invece di differenziare l’offerta con più operatori, magari della zona, con piccole strutture di minor impatto visivo, che tra l’altro concilierebbero con il territorio circostante in modo migliore, non dimentichiamocelo, perché la realtà delle strutture che sono dislocate nel nostro Comune sono perlopiù strutture medio piccole, a conduzione familiare, come gli agriturismi, le camere in affitto, i bed end breakfast e gli hotel di prestigio che esistono, sono frutto di edificazioni esistenti, le quali sono inseriti nel contesto paesaggistico e storico circostante da sempre.

Ma passiamo hai fatti, quello che mi salta all’occhio è la relazione di sintesi del responsabile dell’ufficio urbanistica, con cui avalla la richiesta di trasferimento della volumetria da un lotto ad un altro, aumentando di fatto, la capacità edificatoria ( per le 23 camere che l'hotel a chiesto in più), con una relazione più di natura politica, che tecnica, aggiungendo motivazioni alquanto discutibili.

Infatti, come sostiene il responsabile, la variante al regolamento urbanistico si pone i seguenti obbiettivi:

  • insediare nel comune di Monteriggioni una struttura affiliata al gruppo turistico Hilton, con ottimali riscontri e garanzie sul territorio?!?!

Cosa voglia dire non si capisce, ma sicuramente non scaturisce da calcoli tecnici, forse l’unico riscontro e garanzie sul territorio per i cittadini sarà è quello di vedere una struttura di cemento estranea al panorama circostante.

  • aumentare l’occupazione locale 40 unità oltre l’indotto e chi lo dice? Non mi sembra che la richiesta di aumento volumetrie possa corrispondere automaticamente ad assunzioni e per di più del comune di Monteriggioni.

  • Aumentare la visibilità del comune in ambito mondiale ed entrare nei circuiti internazionali Semmai è l’opposto, l’hotel acquista credenziali e visibilità a Monteriggioni, che è uno dei territori più belli sotto il punto di vista paesaggistico e storico, con Abbadia Isola, Strove; Castel Pietraio, il percorso della via francigena, e non ultimo il borgo fortificato di Monteriggioni che completa la cartolina di uno dei luoghi più belli d’Italia se non del mondo )
  • Contribuire alla qualificazione dell’edificato in loc. Rigoni con interventi di edilizia fortemente qualificativi, integrazione del verde alberato, miglioramento della viabilità

Vorrei capire anche questa affermazione, cosa vuol dire “Contribuire alla qualificazione dell’edificato in loc. Rigoni”, veramente non mi sembra qualificante avere un ammasso di cemento di tre piani fuori terra, in finto stile toscano, che non c’entra niente con il panorama circostante, tipo la vecchie case padronali del Casone, che è almeno un piano più bassa.

Per l’integrazione del verde alberato non è altro che la conseguenza di un operazione edilizia fortemente invasiva nel paesaggio circostante che deve per forza essere inserita per cercare di coprire la struttura ( è difficile mimetizzare 10 mt o più di costruzione )

Anche per la viabilità non mi risulta che una strada lineare senza intersezioni possa essere migliorata costruendo un villaggio turistico, casomai si è costretti a farci una rotonda per permettere a chi accede al complesso corra meno pericoli.

Il turismo nel nostro territorio sarà anche lento, sono le costruzioni che corrono veloci.

Buone vacanze a tutti!!

martedì 12 aprile 2011

Resoconto Consiglio Comunale del 11 aprile 2011

Nel consiglio comunale di ieri c’era l’approvazione del bilancio di previsione 2011 e il bilancio pluriennale 2011/2013, una mozione a sostegno della scuola pubblica, il piano delle alienazioni, la revisione del regolamento per l’attuazione della legge n°15/09,l’affidamento degli incarichi esterni di studio e di ricerca e l’approvazione delle aliquote e detrazioni per l’anno 2011, per questo motivo parlerò soltanto del bilancio.

Per quanto riguarda il dato analitico l’assessore Fantucci ha illustrato in maniera soddisfacente i capitoli e le coperture relative, però il bilancio, come ogni bilancio comunale è un atto fondamentale per ogni Comune, dove si delinea la linea politica di ogni amministrazione, dove le scelte incidono direttamente sulla vita dei cittadini, nel bene e nel male. ( sui servizi, la viabilità, il trasporto, per l’urbanistica ed i lavori pubblici )

Infatti senza soldi non è possibile fare politica, in senso pratico, perché poi bisogna rispondere ai bisogni della collettività, ed il Comune rimane l’interlocutore principale e più vicino per tutti noi in questo momento di crisi economica, che è sempre forte.

Questo è il contesto in cui si inserisce il bilancio di previsione 2011 di Monteriggioni.

La relazione del sindaco e della giunta al bilancio di previsione la condivido in molte parti (facendo comunque dei distinguo), sarà la crisi, ma condivido il quadro della giunta quando si parla di un Governo che non è all’altezza della situazione in questo momento.

Approvo anche il passaggio dove si parla della disuguaglianza della ridistribuzione del reddito che porta ad un minor capacità alla spesa per un tessuto sociale ampio e di conseguenza ad una disgregazione sociale oltre ad un rallentamento della ripresa economica.

Il federalismo fiscale tanto sbandierato non riduce le tasse ma liberalizza la possibilità da parte dei comuni di mettere nuove tasse per compensare le mancate risorse statali.

Infatti è alla luce la possibilità di inserire la tassa di soggiorno sulle presenze alberghiere.

Per non parlare del taglio lineare del 10% circa, che nel nostro Comune ammonta a 167000€, alla famosa cancellazione dell’Ici sulla prima casa, che come ho ripetuto più volte, era l’unica vera tassa federale di cui i comuni disponevano.

Ci vorrebbe uno stato centrale che risparmia ( vedi l’abolizione degli enti inutili come le provincie, con cui aveva fatto campagna elettorale il Governo, per poi far marcia indietro quando si sono accorti che i tagli riguardavano anche le provincie del nord ) , invece c’è un Governo a caccia delle streghe sulle piccole amministrazioni che sarebbero la causa dello sperpero del denaro pubblico, per questo motivo è stato introdotto, da una parte dei vincoli restringenti, dall’altra è stato fatto dei tagli lineari senza guardare in faccia chi veramente sperpera e chi è virtuoso.

Ovviamente più c’è crisi e più vengono ritoccate le spese di bilancio sul capitolo del sociale, che vanno ad incidere sulle fasce di popolazione più debole già in difficoltà ( ritocco delle quote della mensa e trasporto, del nido, dei contributi affitto, l’assistenza domiciliare, ecc. ) e anche se è stato introdotto un sistema di scaglionamento condivisibile, e l’aumento dell’esenzione da 5000 a 6000, esiste un bisogno reale di molte famiglie che non ce la fanno più ad andare avanti e si rivolgono al Comune.

Sulla relazione dell’urbanistica condivido solo in parte alcuni aspetti.

Quando si parla delle pratiche dell’ufficio urbanistica, dove si fa riferimento alla complessità ed all’allungamento dei tempi per il rilascio delle stesse soggette a vincolo, sembra che il tutto sia dovuto alla burocrazia dell’ente subordinato(la sovrintendenza )e da parte dei tecnici privati che depositano documenti “lacunosi” e quindi dilatano i tempi del rilascio dei permessi e provoca contenziosi.

Non viene penso in considerazione che anche l’ufficio possa metterci del suo,( a volte dando delle mezze o non esaustive indicazioni ai tecnici privati che gli sottopongono le pratiche ) ovviamente soltanto chi non ha mai frequentato l’ufficio urbanistica può pensare che tutto sia sempre responsabilità di altri o di norme complesse ( anche gli altri comuni hanno i medesimi problemi ma non mi risulta che i tecnici debbano aspettare mesi per il rilascio di un permesso, o per una semplice determina da parte dell’ufficio tecnico per girare il rimborso dal bando fotovoltaico al richiedente ) .

Secondo il mio modesto parere se ci sono delle difficoltà sono da dividere in modo equo tra tutti i soggetti, perché non è possibile che per una pratica si possa aspettare dai 3 ai 9 mesi, e siccome succede ( fosse anche per un solo cittadino/tecnico, ma non è cosi ), è normale che nascano contenziosi.

Il passaggio successivo è la scadenza del Regolamento Urbanistico il 14 di luglio.La legge regionale dispone per le aree che le quali non siano stati espressi nei 5 anni la volontà edificatoria torneranno ad essere inedificabili in automatico.

Questo mi sembra una cosa positiva perché mette in luce più aspetti, che il piano strutturale in alcune zone forse è stato sovra dimensionato, poi dal momento che si fa riferimento ad una “previsione urbanistica” il tempo di 5 anni mi sembra congruo per qualsiasi soggetto privato per decidere se investire o meno sul territorio messo a disposizione dal Comune con sopra una “previsione”.

Per quanto riguarda il rifacimento del sito istituzionale sono pienamente d’accordo, infatti la prima proposta che portai all’attenzione della commissione era il rifacimento del sito, e trovo utile che ci sia spazio e la volontà come avevo più volte sollecitato, per favorire la visibilità delle varie associazioni, che sono un valore aggiunto del territorio per tutta la comunità, ed è giusto restituire loro visibilità anche tramite il sito istituzionale, con cui i cittadini prediligono sempre di più relazionare, e comunque è una delle poche operazioni di innovamento a costo zero.

Per il capitolo delle opere pubbliche è un capitolo che trova molti lati chiaroscuri, oltre allo slittamento di molte opere del 2010, dove si deve ricorrere al “ consistente” piano delle alienazioni per far fronte alle opere inserite nel 2011, ovviamente con il meccanismo perverso esistente, per tenere fede ai pagamenti delle opere che si andranno a realizzare nell’anno corrente devono avvenire con entrate dell’anno corrente quindi si deve ricorrete all’alienazione e poi alla vendita di terreni e proprietà comunali, cosa che io non condivido perché è un circolo vizioso da cui non è facile uscirne.

Credo comunque che le opere di interesse pubblico siano anche le piccole opere, come i marciapiedi, la segnaletica e gli attraversamenti in sicurezza, dei giardini pubblici attrezzati, spazi per far passeggiare i cani, che con capitoli di spesa sostenibili possono essere realizzate, e credo che ce ne sia bisogno dove in questi anni c’è stato una forte espansione urbanistica.

Concludo dicendo che condivido in molte parti il lavoro, lo sforzo e le scelte dalla maggioranza, ma io mi trovo dalla parte della minoranza e quindi il mio voto contrario resta un voto politico, e non di merito, per le ragioni sopra esposte.

Rimango in attesa di leggere il bilancio consuntivo, dove le riflessioni non saranno al “se o ai ma”, sarà un giudizio globale sulla scorta del lavoro e degli obbiettivi programmati svolti, se tali obbiettivi saranno a mio avviso soddisfacenti il mio voto sarà diverso.

domenica 10 aprile 2011

Oggi ci sono motivi per uscire nelle strade e bisognerà imparare a vederle in modo diverso....


La citazione del drammaturgo argentino Rafael Spregelburd l'hanno fatta ieri i lavoratori dello spettacolo romani, quelli che hanno occupato il cinema Metropolitan qualche settimana fa, a conclusione della Street Parade contro la precarietà «il nostro tempo è adesso» che ha raccolto ventimila persone intorno al palco costruito vicino al Colosseo.

Questa frase permette di guardare con nuovi occhi alla questione sociale che ha distrutto il futuro di almeno due generazioni senza previdenza, welfare e garanzie sociali minime e dà finalmente una forma al più grande scandalo della nostra storia, complice la crisi ma soprattutto il criminale disinteresse di un governo impegnato a risolvere le grane giudiziarie del Presidente del Consiglio. Promosso, ed organizzato, dall'omonimo comitato, l'appuntamento romano, insieme alle decine di manifestazioni in tutta Italia, è stato un buon inizio di un percorso che si annuncia lungo e accidentato.

Nei discorsi ascoltati dal palco, e da quelli captati nel corteo da piazza della Repubblica fino al Colosseo, è stato ripetuto instancabilmente il concetto che, oggi, si sta ribellando contro la precarietà «la parte migliore di questo paese, quella giovane che studia e produce ed è stanca di questa vita». La segretaria Cgil Susanna Camusso lo ha rafforzato sostenendo che «stiamo rubando la cosa più preziosa del nostro paese, il diritto dei giovani di sentirsi cittadini e di non continuare a sbirciare la vita dietro le quinte». «Questo è l'inizio di una storia collettiva - ha aggiunto in un'intervista a Radio articolo 1 - i giovani vogliono certezze».

È indiscutibile che la crisi abbia colpito le nuove generazioni, ma è anche vero che la «precarietà» è ormai una realtà che coinvolge fasce d'età ben più ampie e lavoratori che hanno un'esperienza consolidata in tutti i campi, dal lavoro dipendente a quello autonomo. Vigili del fuoco, portuali, ma anche architetti a partite Iva, giornalisti ultratrentenni pagati 50 euro lordi ad articolo, traduttrici e formatori, non solo laureati alla ricerca del primo impiego. Lo testimoniano le cifre che la stessa Cgil ha diffuso ieri.

Nel Lazio, e a Roma in particolare - la seconda città italiana del terziario avanzato dopo Milano - i «precari» hanno in media 35 anni, guadagnano circa 900 euro al mese. Sono quasi 420 mila a trovarsi in questa condizione e da almeno un anno crescono al ritmo di 1200 persone al mese. Chi vuole incrociare questi dati con quelli relativi alla disoccupazione scopre che le fasce della popolazione maggiormente colpite sono sempre i 35enni con tassi di scolarizzazione elevata, cioè coloro che vivono nei settori legati all'economia della conoscenza.

Un rapporto del 2008 del Comune di Roma ha inoltre calcolato che solo nella Capitale buona parte dei «precari» sono rappresentati dai lavoratori autonomi, atipici o intermittenti che si aggirano intorno alle 230-240.000 unità, una cifra comunque inferiore ai 320 mila stimati dall'Ufficio Statistiche comunale. Al di là delle statistiche, sempre molto fumose quando si parla dei «nuovi» lavori, si può dire che i ventimila che erano in piazza ieri rispondevano a queste caratteristiche.

La loro non è sembrata una semplice testimonianza di disperazione esistenziale. Si è avvicinata piuttosto ad una consapevole rivendicazione di libertà e autonomia sociale alla quale nessuna struttura politica o sindacale è riuscita ancora a dare voce, a Roma come nel resto del Paese. Bastava infilarsi dietro uno dei quattro camion della Street parade per rendersene conto. Apriva il corteo quello del «Torretta Style», sound system romano doc, seguiva quello degli studenti della Sapienza con gli scudi del book bloc che si sono visti nelle piazze autunnali durante le manifestazioni noGelmini. «Libera spazi, condividi saperi, reclama reddito» era lo striscione del camion. In mezzo, il camion del Roma Euro Pride 2011 che si svolgerà dal 1 al 12 giugno.

La colonna sonora era come sempre travolgente. La hit del momento è «Ho 25 anni e faccio la escort, perché lavorare in un call center se potrei fare...». Il resto è noto, inutile scendere in dettagli anatomici. Parlano le intercettazioni di Arcore. E infine c'era il tir di San precario, la rete delle associazioni e dei collettivi che da undici anni organizzano a Milano la May Day Parade e preparano lo «sciopero precario». La terza tappa degli «Stati Generali della Precarietà» è stata fissata a Roma dal 15 al 17 aprile. Ieri sono scesi «in piazza i precari, una manifestazione indetta solo apparentemente da reti, collettivi e gruppi autonomi, ma la regia e la sceneggiatura è a firma Cgil/Camusso».

I ragazzi del collettivo «Generazione P» hanno distribuito cartoline dove si può scrivere in sei righe, in un disegno, in un insulto «una storia di precarietà abitativa, lavorativa, sentimentale». «Basta allo stagismo di Stato», ecco un'altra rivendicazione al diritto ad una vita degna delle stagiste del Ministero degli esteri. É il cartello autoadesivo che Elena ha attaccato sulle spalle e sulla pancia. Ha negoziato uno stage di 4 mesi, rifiutando la cortese offerta di prolungarlo a sei mesi, forse un anno. Inorridisce solo al pensiero: «Meglio non fare nulla - dice - che lavorare gratis».

L'uso di un'ironia amara, insieme agli onnipresenti flash mob, è una costante in queste occasioni. «Non sparate alla ricerca» recitava lo striscione dei ricercatori precari dell'Istat che si sono sono presentati vestiti con camici e maschere bianche. In via Labicana c'era un sole spiovente mentre le maschere si inginocchiavano. Si è presentato un tagliatore di teste in giacca e cravatta, aveva una maschera minacciosa calata a mezza bocca. Passando tra questi penitenti postmoderni li ha abbattuti uno ad uno come birilli. Tutti licenziati e nessun contratto rinnovato.

Ma lo striscione che meglio ha rappresentato la necessità di guardare diversamente le nostre strade era quello dei lavoratori dello spettacolo «Com'è triste la prudenza». Il tempo è scaduto, ora i diritti bisogna conquistarli. Tony fa l'attore e ha uno spirito incontenibile. Con il megafono si è rivolto ai precari dell'Alitalia: «Li stanno licenziando tutti - ha detto - Chi vuole fare un corso di mimo con loro?». È seguita un'esilarante simulazione dei gesti che le hostess e gli steward fanno prima del decollo, quando indicano le uscite di sicurezza e la posizione del respiratore in caso di ammaraggio. Quello che è certo è che nessuno vuole affogare. Noi vogliamo vivere.

di Roberto Ciccarelli

venerdì 1 aprile 2011

I quarantaquattro giorni del governo senza fare nulla


Roberto Maroni, ministro dell'Interno, il 14 febbraio di quest'anno annuncia che ci si attende un esodo biblico. Su varie fonti di informazione le stime del Viminale parlano di cinquantamila persone attese sull'isoletta ( dove in un primo tempo c'erano otto carabinieri ad attendere a piè fermo migliaia di persone). La guerra in Libia non era ancora cominciata, formalmente. Cosa si stesse muovendo a livello di intelligence nel regime di Gheddafi è cosa che deve ancora essere raccontata.

Quarantaquattro giorni dopo a Lampedusa ci sono migliaia di persone, una manifestazione di protesta che blocca il porto, cassonetti per le strade, focolai di una rivolta più che annunciata. Condizioni sanitarie inaccettabili e un consiglio dei ministri convocato nelle prossime quarantotto ore. Quarantotto.

Il quesito più elementare riguarda una professione, quella di chi fa il ministro dell'Interno e la sua squadra dai sottosegretari ai portaborse: "Come affronta un 'esodo biblico annunciato' il dicastero preposto anche a eventualità straordinarie, ma reali, possibili?".

Non è una domanda banale, nemmeno tanto retorica. La risposta arriva a quarantaquattro giorni di distanza: costruiamo delle tendopoli. Mandiamo delle navi traghetto da diecimila posti ciascuna per l'evacuazione. Ma, afferma il Viminale, non sappiamo che cosa potrebbe accadere rispetto agli effetti migratori del conflitto in Libia.

La fiction che sorbiamo da anni sui film più avanzati tecnologicamente, ci insegna che l'universo dei satelliti sparsi poco sopra l'atmosfera terrestre è capace di fotografare nei minimi dettagli cosa accade in un determinato posto in ogni minuto della nostra esistenza. I radar umani e tecnologici del ministero, evidentemente, sono spenti.

Oppure. Un'emergenza che crea problemi e rivolte contro chi scappa e cerca una via di fuga sull'altra sponda del Mediterraneo è uno strumento utile, politicamente parlando. Utile come arma di pressione per i soci dell'Unione europea - i Paesi nordici sarebbero sordi all'idea di condividere un intervento di accoglienza - e soprattutto come strategia politica che fa leva sulla stanchezza di chi si vede letteralmente invaso da chi sta male e cerca una via di fuga.

Sentita al bar: "E questi pretendono addirittura che gli si dia da mangiare: dobbiamo anche apparecchiare la tavola?". Bersaglio centrato.