Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia

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domenica 10 aprile 2011

Oggi ci sono motivi per uscire nelle strade e bisognerà imparare a vederle in modo diverso....


La citazione del drammaturgo argentino Rafael Spregelburd l'hanno fatta ieri i lavoratori dello spettacolo romani, quelli che hanno occupato il cinema Metropolitan qualche settimana fa, a conclusione della Street Parade contro la precarietà «il nostro tempo è adesso» che ha raccolto ventimila persone intorno al palco costruito vicino al Colosseo.

Questa frase permette di guardare con nuovi occhi alla questione sociale che ha distrutto il futuro di almeno due generazioni senza previdenza, welfare e garanzie sociali minime e dà finalmente una forma al più grande scandalo della nostra storia, complice la crisi ma soprattutto il criminale disinteresse di un governo impegnato a risolvere le grane giudiziarie del Presidente del Consiglio. Promosso, ed organizzato, dall'omonimo comitato, l'appuntamento romano, insieme alle decine di manifestazioni in tutta Italia, è stato un buon inizio di un percorso che si annuncia lungo e accidentato.

Nei discorsi ascoltati dal palco, e da quelli captati nel corteo da piazza della Repubblica fino al Colosseo, è stato ripetuto instancabilmente il concetto che, oggi, si sta ribellando contro la precarietà «la parte migliore di questo paese, quella giovane che studia e produce ed è stanca di questa vita». La segretaria Cgil Susanna Camusso lo ha rafforzato sostenendo che «stiamo rubando la cosa più preziosa del nostro paese, il diritto dei giovani di sentirsi cittadini e di non continuare a sbirciare la vita dietro le quinte». «Questo è l'inizio di una storia collettiva - ha aggiunto in un'intervista a Radio articolo 1 - i giovani vogliono certezze».

È indiscutibile che la crisi abbia colpito le nuove generazioni, ma è anche vero che la «precarietà» è ormai una realtà che coinvolge fasce d'età ben più ampie e lavoratori che hanno un'esperienza consolidata in tutti i campi, dal lavoro dipendente a quello autonomo. Vigili del fuoco, portuali, ma anche architetti a partite Iva, giornalisti ultratrentenni pagati 50 euro lordi ad articolo, traduttrici e formatori, non solo laureati alla ricerca del primo impiego. Lo testimoniano le cifre che la stessa Cgil ha diffuso ieri.

Nel Lazio, e a Roma in particolare - la seconda città italiana del terziario avanzato dopo Milano - i «precari» hanno in media 35 anni, guadagnano circa 900 euro al mese. Sono quasi 420 mila a trovarsi in questa condizione e da almeno un anno crescono al ritmo di 1200 persone al mese. Chi vuole incrociare questi dati con quelli relativi alla disoccupazione scopre che le fasce della popolazione maggiormente colpite sono sempre i 35enni con tassi di scolarizzazione elevata, cioè coloro che vivono nei settori legati all'economia della conoscenza.

Un rapporto del 2008 del Comune di Roma ha inoltre calcolato che solo nella Capitale buona parte dei «precari» sono rappresentati dai lavoratori autonomi, atipici o intermittenti che si aggirano intorno alle 230-240.000 unità, una cifra comunque inferiore ai 320 mila stimati dall'Ufficio Statistiche comunale. Al di là delle statistiche, sempre molto fumose quando si parla dei «nuovi» lavori, si può dire che i ventimila che erano in piazza ieri rispondevano a queste caratteristiche.

La loro non è sembrata una semplice testimonianza di disperazione esistenziale. Si è avvicinata piuttosto ad una consapevole rivendicazione di libertà e autonomia sociale alla quale nessuna struttura politica o sindacale è riuscita ancora a dare voce, a Roma come nel resto del Paese. Bastava infilarsi dietro uno dei quattro camion della Street parade per rendersene conto. Apriva il corteo quello del «Torretta Style», sound system romano doc, seguiva quello degli studenti della Sapienza con gli scudi del book bloc che si sono visti nelle piazze autunnali durante le manifestazioni noGelmini. «Libera spazi, condividi saperi, reclama reddito» era lo striscione del camion. In mezzo, il camion del Roma Euro Pride 2011 che si svolgerà dal 1 al 12 giugno.

La colonna sonora era come sempre travolgente. La hit del momento è «Ho 25 anni e faccio la escort, perché lavorare in un call center se potrei fare...». Il resto è noto, inutile scendere in dettagli anatomici. Parlano le intercettazioni di Arcore. E infine c'era il tir di San precario, la rete delle associazioni e dei collettivi che da undici anni organizzano a Milano la May Day Parade e preparano lo «sciopero precario». La terza tappa degli «Stati Generali della Precarietà» è stata fissata a Roma dal 15 al 17 aprile. Ieri sono scesi «in piazza i precari, una manifestazione indetta solo apparentemente da reti, collettivi e gruppi autonomi, ma la regia e la sceneggiatura è a firma Cgil/Camusso».

I ragazzi del collettivo «Generazione P» hanno distribuito cartoline dove si può scrivere in sei righe, in un disegno, in un insulto «una storia di precarietà abitativa, lavorativa, sentimentale». «Basta allo stagismo di Stato», ecco un'altra rivendicazione al diritto ad una vita degna delle stagiste del Ministero degli esteri. É il cartello autoadesivo che Elena ha attaccato sulle spalle e sulla pancia. Ha negoziato uno stage di 4 mesi, rifiutando la cortese offerta di prolungarlo a sei mesi, forse un anno. Inorridisce solo al pensiero: «Meglio non fare nulla - dice - che lavorare gratis».

L'uso di un'ironia amara, insieme agli onnipresenti flash mob, è una costante in queste occasioni. «Non sparate alla ricerca» recitava lo striscione dei ricercatori precari dell'Istat che si sono sono presentati vestiti con camici e maschere bianche. In via Labicana c'era un sole spiovente mentre le maschere si inginocchiavano. Si è presentato un tagliatore di teste in giacca e cravatta, aveva una maschera minacciosa calata a mezza bocca. Passando tra questi penitenti postmoderni li ha abbattuti uno ad uno come birilli. Tutti licenziati e nessun contratto rinnovato.

Ma lo striscione che meglio ha rappresentato la necessità di guardare diversamente le nostre strade era quello dei lavoratori dello spettacolo «Com'è triste la prudenza». Il tempo è scaduto, ora i diritti bisogna conquistarli. Tony fa l'attore e ha uno spirito incontenibile. Con il megafono si è rivolto ai precari dell'Alitalia: «Li stanno licenziando tutti - ha detto - Chi vuole fare un corso di mimo con loro?». È seguita un'esilarante simulazione dei gesti che le hostess e gli steward fanno prima del decollo, quando indicano le uscite di sicurezza e la posizione del respiratore in caso di ammaraggio. Quello che è certo è che nessuno vuole affogare. Noi vogliamo vivere.

di Roberto Ciccarelli

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