Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia

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giovedì 29 luglio 2010

Rapporto sui diritti globali 2010 Crisi di sistema e alternative

Consiglio Regionale, Firenze, 26 luglio 2010

Il nostro annuale sforzo – condensato in questo Rapporto, giunto al suo ottavo anno consecutivo – è quello di tentare di individuare delle risposte o perlomeno di provare a fornire chiavi di lettura sulle tante facce di quel fenomeno complesso e irreversibile che chiamiamo globalizzazione. Forse un po’ presuntuosamente, consideriamo questo strumento una piccola bussola per orizzontarsi nelle turbolenze del sistema globale.

Un sistema che ha visto accentuarsi, sotto gli effetti della crisi, squilibri e ingiustizie. A livello planetario così come nelle città italiane.
Nei mesi scorsi le vicende di Rosarno hanno posto sotto gli occhi di tutti la realtà dei nuovi schiavi, quegli immigrati che lavorano duramente nelle nostre campagne e spesso muoiono nei nostri cantieri, che accudiscono i nostri vecchi e i nostri malati ma che non sono trattati da cittadini e neppure da lavoratori.
Oggi la FIAT di Pomigliano ci parla dei possibili schiavi futuri, di quei lavoratori che vedono di colpo strappati i diritti e le conquiste dei decenni precedenti e che tornano a essere semplici accessori della produzione, anziché persone titolari di diritti, quanto di doveri.
Ciò significa che le domande in campo non riguardano solo l’economia e la crisi, ma le stesse forme del vivere associato, dei valori di fondo su cui si regge la società.

Ma a chi si pone questi interrogativi non sono arrivate, e non stanno arrivando, risposte. Le nuove regole per il mercato e la finanza non sembrano giungere. La loro necessità, del resto, non pare proprio in cima alle agende politiche, pur se alcuni governi – ma non quello italiano – stanno elaborando tentativi, pur timidi e lenti.
Intanto si continuano però a chiedere sacrifici sempre e solo ai lavoratori dipendenti, ai pensionati, alle fasce sociali più deboli e già penalizzate. Questo vale nel mondo, in Europa e forse ancora di più in Italia. La nuova manovra di Tremonti, l’incombente federalismo fiscale e ancora di più le modifiche in materia pensionistica sono la fotografia e la consacrazione dell’eterna legge che divide il paese tra i nuovi e vecchi privilegiati e gli eterni tartassati, tra furbi e onesti, tra le “cricche” e chi non arriva a sostenere la propria famiglia.

Il quadro che abbiamo delineato nella nostra analisi è sintetizzabile in 10 punti:

1) La crisi è solo al suo primo atto

La crisi economica non sta alle spalle, né di lato: sta di fronte a noi. La crisi non solo non è superata ma appare sempre più come dato strutturale, in uno scenario di peggioramento e di gravi rischi per l’economia e la stabilità globale. Riconoscerlo non è catastrofismo, ma il presupposto della soluzione.
Lo dichiariamo con nettezza nel sottotitolo di copertina: questa è una crisi di sistema. L’ipertrofia dello sviluppo ha fatto bancarotta fraudolenta. Da questa evidenza bisognerebbe ripartire.
Ma ci pare non sia sufficiente individuare il problema. Bisogna immaginare e proporre delle alternative.

Qui c’è un deficit evidente che occorre sottolineare: un deficit di analisi e di informazione, una carenza di pensiero critico, di proposte concrete, di iniziativa politica. In Italia vi sono gravi ritardi nella capacità di reagire a questo stato di cose da parte non solo della politica di opposizione ma anche dei sindacati e delle forze sociali.


2) I responsabili della crisi sono stati salvati e premiati. Le vittime della crisi ne stanno pagando per intero i costi.

Basti un dato: nel 2009, le 500 principali aziende USA hanno registrato un aumento dei profitti del 335%. In compenso, hanno licenziato 761.422 dipendenti.
A livello mondiale, in due anni il numero di senza lavoro è cresciuto di 34 milioni, di cui la metà nei paesi OCSE, dove il livello di disoccupazione ha raggiunto il livello più alto del dopoguerra (Employment outlook 2010 dell’Ocse)

A livello europeo i nuovi disoccupati sono invece quasi 4 milioni.
Per quanto riguarda l’Italia, tra il quarto trimestre del 2008 e il quarto trimestre del 2009 si sono persi 428 mila posti di lavoro. (Dati Istat)
Nei primi nove mesi del 2009 hanno chiuso 300 mila imprese, di cui oltre 30 mila nel settore manifatturiero (elaborazione CENSIS).

Parlano da soli i numeri sulle crisi aziendali (+224%), che – a giugno 2010 − hanno fatto salire la Cassa integrazione straordinaria del 168%, rispetto al primo semestre 2009, di cui hanno usufruito quasi 5mila le aziende. I fallimenti sono aumentati del 132%. (dati osservatorio CGIL su CIG, su dati INPS).
In un quadro dunque di drastico peggioramento, uno degli indicatori che è rimasto invece stabile è quello che vede da anni l’Italia ai gradini più bassi in quanto a consistenza dei salari netti dei suoi lavoratori: sempre ferma al 23esimo posto sui 30 paesi dell’OCSE.
Infatti, 13 milioni e 600 mila lavoratori italiani guadagnano meno di 1.300 euro netti al mese, 7 milioni di loro ne guadagnano meno di 1.000, così come 7 milioni e mezzo di pensionati.

Dunque possedere un lavoro non protegge dalla povertà.
Nel 2009 il 10% degli occupati risulta sotto la soglia della povertà relativa, con una crescita di quasi un punto e mezzo percentuale in soli due anni (il che costituisce un dato tra i peggiori dell’Unione Europea, dove la media è dell’8%). Significativo anche il dato relativo alla povertà assoluta: il 15,1% delle famiglie assolutamente povere ha un capofamiglia occupato.

Tra il 2008 e il 2009 l’incidenza di povertà assoluta per le famiglie con persona di riferimento operaia è aumentata dal 5,9% al 6,9% (Istat).
Fatto sta che ben l’81% di chi si rivolge al Banco Alimentare per ricevere gratuitamente del cibo, è costituito da operai.
Le difficoltà economiche incidono poi anche sulla salute: nello scorso anno, un italiano su cinque ha dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie per motivi economici.
Ma in questi anni la crescita più vistosa della condizione di povertà assoluta ha riguardato le famiglie con figli.

Per la povertà minorile l’Italia permane “maglia nera” in Europa: nei 27 Paesi dell’Unione il rischio povertà dei minori si attesta al 20%, mentre in Italia è al 25%, superata solo da Bulgaria e Romania.
Del resto, al sostegno per la famiglia e la maternità, in Italia va il 4,5% della spesa per la protezione sociale, mentre la media europea è quasi del doppio, l’8%.

3) I grandi poteri finanziari stanno portando avanti una strategia speculativa aggressiva e destabilizzante, che sta esponendo a gravi rischi per prima l’Europa.

Grandi banche e istituti finanziari, dopo essere stati salvati dalla mano pubblica, ora la stanno azzannando, con una politica speculativa in atto che ne colpisce uno (la Grecia) per minacciarne 27 (l’Europa).

La Grecia ha rappresentato non solo il ventre molle europeo, ma la nitida fotografia di uno scenario prossimo venturo generalizzato, segnato da un pesantissimo attacco alle condizioni di vita di lavoratori e ceti medi, da un rinnovato smantellamento
delle protezioni sociali e da un conflitto inevitabilmente destinato ad acuirsi.
Tanto più in assenza di serie politiche di contrasto della speculazione e di contenimento degli effetti della crisi.

4) La shock economy, l’economia della catastrofe e dell’emergenza è divenuta la forma specifica del capitalismo nell’epoca del liberismo, un sistema che consente e produce un’economia predatoria.

Questo anche nella sua versione all’amatriciana, che abbiamo visto all’opera a La Maddalena, a L’Aquila, nel Piano Carceri, nei tentativi di privatizzazione della Protezione civile, della Difesa, persino dei Beni culturali e, ora, dei beni demaniali.

L’assalto ai beni comuni, la politica delle “cricche” e delle cosche affaristiche non è una nuova Tangentopoli: è il secondo tempo di una Tangentopoli che non si è mai interrotta e che è tracimata dalla sfera della politica a quella dello Stato e dell’intero corpo sociale.

5) Si è sedimentata ed è divenuta dominante una cultura dell’individualismo e dell’egoismo proprietario, che trova ora nel Libro Bianco governativo la sua sistematizzazione.

La nuova morale corrente è divenuta: guai ai deboli. Si vuole affermare nel mondo del lavoro e nella società intera la legge del più forte come regola generale. Si vogliono sostituire i diritti sociali con le logiche fintamente filantropiche: il dono al posto dei diritti, l’elemosina invece delle garanzie.

Il Libro Bianco del governo è una teorizzazione compiuta di tale visione, che riporta le relazioni sociali e produttive al paternalismo autoritario di inizi Novecento, peraltro, ora, poco paternalista e molto autoritario. Come dimostra, da ultimo, la politica aggressiva scelta dalla FIAT, i licenziamenti politici e il costante tentativo di indebolire e dividere il sindacato.

6) I diritti umani sono letteralmente scomparsi dalle agende politiche e dalle attenzioni mediatiche.

Alla bulimia delle merci corrisponde l’anoressia dei diritti. Crisi economica, ricerca di nuovi equilibri geopolitici e nuova corsa agli armamenti hanno contributo a chiudere nel cassetto i propositi di multilateralismo e di riaffermazione dei diritti umani come priorità. Guantánamo permane come realtà e come minaccioso simbolo. I migranti, anziché come cittadini globali, sono considerati e trattati come nuovi schiavi: Rosarno è una ferita che si è dimenticata ma che non si rimargina.
E l’Italia continua – con un misto di indifferenza e di protervia – a non voler inserire nel codice penale il reato di tortura, come richiesto dalle Nazioni Unite.

7) La guerra continua a essere uno dei motori privilegiati dell’“Internazionale degli affari”, un criminale e distorto modello di sviluppo.

La spesa militare, che ha superato ormai i 1.500 miliardi di dollari annui, in un solo decennio è cresciuta del 45%. Risorse che vanno largamente a beneficio delle grandi corporation della sicurezza, perché anche il mestiere della guerra si è privatizzato: in Iraq ogni tre soldati uno è un mercenario. Due decenni fa il rapporto era di uno a 60.
L’export bellico italiano nel 2009 ha avuto un balzo del 61%.
Il nostro Paese vende molte armi, ma anche molto spende in armi: nel programma intergovernativo di riarmo spenderà almeno 15 miliardi per il cacciabombardiere F35, 2 miliardi per la portaerei Cavour, mentre ha un bilancio per la Difesa che supera i 20 miliardi, una spesa pro capite superiore a quella della Germania.

8) Gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio si sono persi lungo la strada.

A cominciare dal primo, che voleva dimezzati entro il 2015 gli affamati nel mondo. I quali nel 2009 hanno invece superato il miliardo di persone: 100 milioni in più dell’anno precedente, la cifra più alta da 40 anni a questa parte.
Oltre che nelle tradizionali aree povere, la sottoalimentazione è in crescita anche nei Paesi ricchi: nel 2009 è salita del 15,4%.
Uno sterminio silenzioso e dimenticato, mentre si prevede che entro il 2015 moriranno da 200 mila a 400 mila bambini in più all’anno per malnutrizione.

9) L’ambiente e la questione climatica non mostrano significativi passi in avanti.

Seppure finalmente spesso al centro dell’attenzione, ambiente e superriscaldamento del pianeta non trovano vere e concrete misure di salvaguardia. Se non a parole. Mentre i fatti rimangono quelli della devastazioni, come quella petrolifera provocata dalla BP nel Golfo del Messico. La stessa green economy rischia di essere intesa come nuovo fronte per gli affari, come nuova occasione di shock economy, anziché come diverso e necessario modello di sviluppo.

10) Il riequilibrio di poteri nella governance globale risulta inceppato.

In passato, e in parte tuttora, la politica, i governi erano sodali e complici della finanza d’avventura. La crisi del 2008 ha messo in crisi quel modello, quello dei Dick Cheney. Ma la stagione delle regole e del controllo pubblico appare lontana e incerta.

Ed è anche perciò che diventa sempre più necessario impegnarsi a fondo, ognuno con i suoi strumenti e possibilità, in quella preliminare e fondamentale battaglia che è la battaglia culturale, per recuperare voce ma anche parole, capacità di decifrare la realtà e – di nuovo – di proporre alternative.

Al sedicesimo congresso della CGIL, il segretario Guglielmo Epifani ha posto l’accento su di un principio: «Non lasciare indietro nessuno e ripartire dagli ultimi».

È un’indicazione programmatica esattamente rovesciata rispetto a quell’enfasi sulla competizione come motore e come finalità che è invece diventata il vangelo che governo, Confindustria, ma anche gran parte del sistema cultural-mediatico recita ogni giorno.
Si tratta di due approcci diversi, di due visioni inconciliabili, di due principi opposti.

Noi crediamo che la prima visione sia profondamente sbagliata, produttrice di grandi ingiustizie e nuove diseguaglianze. Mentre la seconda – per quanto debole e talvolta anche troppo attardata su vecchie categorie – è l’unica in grado di dare nuove speranze per il futuro.

Un futuro che, per essere raggiunto, ha prima necessità di essere immaginato, ha bisogno di intelligenza critica, di analisi, di idee e di progettualità.
Il nostro Rapporto, cui partecipano le maggiori associazioni italiane impegnate quotidianamente su questi temi, dalla CGIL all’Arci, ad ActionAid, Antigone, Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza, Fondazione Basso, Forum Ambientalista, Gruppo Abele, Legambiente, vuole essere un modesto contributo a questo sforzo, necessario e corale.

martedì 27 luglio 2010

Islanda paese senza bavaglio

REYKJAVIK - Alle tre di quella notte, quando il parlamento è stato chiamato a votare, la deputata anarchica Birgitta Jonsdottir non era affatto certa che la sua proposta sarebbe passata. E un mese dopo ancora si chiede se tutti i colleghi avessero capito l'entità della sfida che la piccola Islanda si impegnava a lanciare all'universo mondo - a Stati di polizia e a compagnie petrolifere, al Pentagono e a grandi banche, giù giù digradando fino all'Italia di Silvio Berlusconi. Ma fosse pure con il contributo di una scarsa consapevolezza, del sonno o della fretta di andare in ferie, sul tabellone elettronico è apparso, ricorda Birgitta, "un mare verde. Approvato all'unanimità. Ero stupefatta". Da quel 16 giugno, un Paese di trecentomila abitanti promette uno scudo quasi totale ai disvelatori di segreti - segreti militari, segreti istruttorii, segreti societari, segreti di Stato.

Se documenti sottratti per un interesse pubblico saranno immessi in Internet da un server con base in Islanda, la giustizia dell'isola non potrà impedirne la divulgazione, tentare di scoprire chi li abbia rivelati, dare seguito a condanne comminate da tribunali esteri in base a leggi contrarie alle norme islandesi. Ancora: se uno Stato o un privato si ritenesse diffamato e ricorresse davanti ad una corte straniera, la società islandese proprietaria del computer (il server) che ha immesso in Rete carte segrete non solo non potrà essere intimidita con la minaccia di quei processi dai costi esorbitanti che stanno costringendo all'autocensura molto giornalismo occidentale, ma sarà autorizzata a rispondere con una contro-citazione davanti ad una corte dell'isola, dichiarandosi vittima di una minaccia alla libertà d'espressione.

Per capire come andrà a finire la sfida islandese occorrerà attendere la normativa d'attuazione (la risoluzione, intitolata Icelandic Modern Media Iniziative, impegna il parlamento a modificare quattordici leggi, tempo previsto: un anno). Stando alle premesse, l'Islanda potrebbe diventare il bunker mondiale del giornalismo investigativo, le Cayman Islands di un'informazione né manipolatoria né omissiva. Ma anche attirare specialisti della disinformazione e mestieranti della calunnia. Potrebbe arretrare sotto l'incalzare di silenziose pressioni internazionali. Oppure restituire la voce agli zittiti - dissidenti, perseguitati, disomogenei. Nel frattempo l'interesse che la deputata Birgitta Jonsdottir ha registrato nel parlamento europeo, soprattutto nel gruppo liberale, suggerisce che l'iniziativa islandese abbia già ottenuto un risultato cospicuo: chiamare alla riscossa contro la massa di divieti, ingiunzioni e intimidazioni che da quasi un decennio sta comprimendo la libertà d'espressione anche negli Stati di diritto occidentali, spesso con il pretesto della lotta al terrorismo.

Per quanto poi riguarda l'Italia, quel che offre l'Islanda già adesso permette di aggirare i divieti che in origine appartenevano alla goffa proposta del ministro Alfano. Nel concreto, chi volesse divulgare intercettazioni dal contenuto significativo non dovrebbe fare altro che mandare le fotocopie del documento originale ad un sito specializzato nella divulgazione di segreti (il più seguito, Wikileaks. org, ora ha la base ufficiale in Islanda). Per posta, ad uno degli indirizzi indicati nel sito Wikileaks; oppure via Internet attraverso il software Tor, gratuito, che costruisce un gioco di carambole tra computer e rende difficilissimo identificare il mittente. Il personale di Wikileaks verificherebbe l'autenticità del documento attraverso i suoi collaboratori in Italia, e tempo qualche giorno o qualche settimana, lo metterebbe in rete. Secondo Smari Mc Carthy, matematico e portavoce di quella Digital Freedom Society che ha avuto un ruolo importante nella formulazione della proposta islandese, "una volta che il documento fosse in Internet, i media italiani potrebbero riprenderlo senza temere ritorsioni". La tesi di Mc Carthy è perlomeno discutibile, ma è meno controverso che non mancherebbero media internazionali disposti a dare pubblicità a ghiotti segreti italici, soprattutto nei Paesi dove l'informazione gode di forti protezioni. Dunque quanto più la legge Alfano tentasse di nascondere, tanto più ostenterebbe scandali e inadeguatezza dell'esecutivo.

Probabilmente lo spettacolo non stupirebbe gli islandesi, cui la tv di Stato in giugno ha raccontato l'Italia attraverso il documentario svedese Videocracy, dove siamo rappresentati da Berlusconi e tali Corona e Mora. "Che disastro, poveretti!", si sente ripetere adesso il giornalista italiano.
A loro volta gli italiani troverebbero un che di familiare nello scandalo islandese che ha prodotto per reazione la Icelandic Modern Media Iniziative.

Agosto 2009: la tv di Stato decide di rendere pubblico un documento bancario da cui oggi molti ricavano che nel privatizzare i due maggiori istituti di credito islandesi, i due partiti di centrodestra se li siano spartiti affidandoli a loro amici, incapaci che li avrebbero comprati con soldi presi a prestito da quelle stesse banche. Poco prima che il servizio vada in onda, la magistratura lo blocca con un'ingiunzione. La tv di Stato obbedisce: ma poco tempo dopo si vendica mostrando la schermata di Wikileaks che ha messo in rete il documento.
Dell'episodio discute la Digital Freedom Society in dicembre, quando riunisce a Reykjavik una compagnia non convenzionale: anarchici islandesi, hackers cosmopoliti, e i fondatori di Wikileaks. Va detto che gli anarchici qui sono persone mitissime (la settimana scorsa facevano scudo alla palazzina del governo bersagliata con sassi da cittadini rovinati dalla crisi finanziaria). E gli hackers nordici tengono a non essere confusi con i crackers, quelli che entrano nei siti per sabotarli o saccheggiarli, o con i vari malfattori che cercano lucri facili in Internet.

Si considerano esploratori dell'ignoto, esteti, "hippies lanciati nel cyberspazio", per citare uno di loro, Mc Carthy, che di nome fa Trifoglio (Smari in islandese: il padre, nato in Irlanda, lo chiamò così perché il trifoglio è il simbolo irlandese). Comunque quella sera due dozzine tra hackers, anarchici e sfascia-segreti di Wikileaks si ritrovano in un pub di Reykjavik e decidono di fondere in un progetto organico le più avanzate tra le norme europee e statunitensi in materia di informazione. Si tratta di invertire una tendenza che non è soltanto italiana. Preoccupa soprattutto la Gran Bretagna, meta preferita di quel "turismo da querela" che promuove la causa lì dove trova la legislazione più favorevole. Secondo Trifoglio Mc Carthy, nei processi per diffamazione la giustizia britannica permette al querelante di infliggere al querelato un processo lungo e spese processuali proibitive (così anche negli Usa: vincere la causa contro Scientology è costato 7 milioni di dollari al settimanale Time). A motivo di questo, molti giornali inglesi stanno cancellando dai propri archivi tutte le notizie controverse, per evitare di essere trascinati in una causa da studi legali collegati a grandi industrie.

"Ma questo vuol dire modificare la storia", segnala Birgitta Jonsdottir. Mentre studia i codici occidentali il gruppo di Reykjavik si trova coinvolto nell'elaborazione di un filmato che un soldato americano ha inviato di nascosto a Wikileaks. Girato dalla US Air Force, mostra un elicottero statunitense fare strage di un gruppo di iracheni inermi scambiati per guerriglieri, e soprattutto, ammazzare intenzionalmente i primi soccorritori, clamorosamente incolpevoli. Non c'è un prima e un dopo, lamenta il ministro della Difesa Gates, volendo intendere: l'episodio è decontestualizzato.

Ma almeno c'è un "in mezzo", gli risponde Wikileaks. Quel che qui conta è che né il filmato né l'arresto del soldato che lo trafugò, tuttora detenuto, hanno trovato sui media americani l'eco che Wikileaks si attendeva. Se ne potrebbe dedurre che qualsiasi cosa scoprano i divulgatori di segreti, se l'argomento non è nell'agenda dei media tradizionali non arriverà al grande pubblico.

Quando gli giro il mio dubbio il portavoce di Wikileaks, Daniel, replica che l'organizzazione non vuole tanto sollevare clamore quanto sottrarre all'invisibilità documenti che potrebbero formare la verità storica. Fondata da un hacker australiano che tuttora viaggia nel mondo con le precauzioni di un ricercato, Wikileaks può avvalersi di 800-1000 collaboratori sparsi in decine di Paesi, con i quali verifica le carte segrete che riceve. Secondo Daniel finora soltanto due sono risultate trappole costruite ad arte (una collegava Obama all'islamismo radicale). In genere Wikileaks non si pone il problema se i segreti divulgati siano d'aiuto a malintenzionati (così l'organizzazione ha pubblicato i test condotti dal Pentagono su apparecchi destinati a prevenire l'esplosione di mine). L'importante, per così dire, è che quei documenti siano agli atti.

Però le protezioni accordate dall'Islanda già nel futuro prossimo indurranno questi o altri cacciatori di segreti a tentare di raggiungere in proprio il grande pubblico. E a costruire archivi nazionali (l'IMMI, ghigna Trifoglio Mc Carthy, potrebbe sdoppiarsi in "Italian modern media initiative") oppure tematici, vuoi per precisare i profili di Corporation che hanno globalizzato anche l'opacità, vuoi per individuarne comportamenti scorretti che al momento sono invisibili. Il progetto è audace, la questione seria. Difficile fare previsioni. Al momento l'unica cosa chiara è che al cospetto dei cybernauti di Reykjavik il povero Angelino Alfano, con le sue pandette e i suoi calamai, fa la figura di un leguleio del Regno delle Due Sicilie.

fonte repubblica.it

lunedì 26 luglio 2010

Il federalismo che funziona...L'Ecomafiapadana!!

C’è la provincia di Brescia al primo posto per il traffico illegale di rifuti in Lombardia. Il dato emerge dal sedicesimo Rapporto Ecomafie presentato da Legambiente, che nel 2009 ha censito nella sola Lombardia 855 infrazioni contro l'ambiente con 340 sequestri e 865 persone denunciate. Al primo posto per lo smaltimento illegale c'è il pericoloso asse Milano-Brescia, dove il capoluogo lombardo si pone come crocevia, anche finanziario dei traffici, mentre la provincia bresciana cresce come luogo di smaltimento.

Si tratta soprattutto di rottami metallici, protagonisti indiscussi dei traffici. Rottami di provenienza spesso dubbia, contaminati da cose che solo una serie accurata di analisi (ancora non effettuate) potrà censire seriamente. Rottami classificati come rifiuti in ferro pericolosi, che oltre a prendere la solita strada del Sud Italia, dell'Africa, della Cina, hanno trovato una nuova rotta: quella di Brescia, dove vengono smaltiti illegalmente nelle discariche o rivenduti alle acciaierie locali, che trasformano il tutto in tondini di ferro destinati all'edilizia. Lo rivelano soprattutto le indagini del biennio 2007/2009, ad indicare come l'ecocriminalità sia sempre in grado di inventare nuove rotte.

Il dato più preoccupante è però quello che riguarda Milano. Negli ultimi otto anni, il 35 per cento di tutte le inchieste sui crimini ambientali in Italia ha toccato a vario titolo la Lombardia, come punto di partenza, transito o arrivo dei rifiuti, per la corruzione di funzionari pubblici, per il riciclaggio di denaro o come sede delle società coinvolte. Lo spiega Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia: "L'ecomafia lombarda non conosce la crisi. Si stima che il fatturato nel 2009 ammonti a più di un miliardo di euro".

Con buona pace per chi, per anni, ha creduto ingenuamente che questo tipo di crimini fosse in qualche modo riservato alla Campania, in Lombardia sono dilaganti i reati che Legambiente definisce collegati al "ciclo del cemento": appalti pubblici truccati, scavi illegali nei fiumi e nelle campagne, bonifiche fasulle. E, come proprio il caso campano ha insegnato, il ciclo del cemento ed il ciclo dei rifiuti presentano un numero tale di punti di contatto da poter essere considerati sovrapposti.

Una recente operazione nel Parco del Ticino, condotta dalla Procura di Busto Arsizio, ha svelato che un giro di società gestiva scavi abusivi in territori intorno a Lonate Pozzolo per la realizzazione della Tav Torino-Milano. Anche qui sono comparse le cave abusive. Anche qui qualcuno è arrivato con le ruspe a scavare le buche. Secondo le indagini, dalla cava sequestrata sono stati portati via abusivamente almeno 450 mila metri cubi di sabbia e ghiaia in 2 anni, una quantità di materiale in grado di riempire 82 mila camion. Nelle buche vuote sono stati poi sepolti rifiuti pericolosi, intrecciando i due filoni più redditizi della criminalità ambientale. Guai a dirlo, per anni. Amministratori locali, politici di vari colori, si sono sempre affrettati a dire che queste "sono cose da Castelvolturno", o che sono "attività casertane".

Nell’ultimo anno sono stati ritirati i certificati antimafia a ben 17 aziende lombarde nel settore del "movimento terra", come in quello dello smaltimento dei materiali delle demolizioni. Per fare un esempio, la tesi dell'accusa nel processo "Cerberus" è che i rifiuti tossici sono stati smaltiti nei cantieri di costruzione o di demolizione di immobili. In quegli scavi sono stati scaricati eternit, idrocarburi, catrame, gasolio. Sotto i cantieri ferroviari, sotto le strade, le case e in alcuni casi i parchi giochi. Per la "sepoltura" dei rifiuti tossici, gli scavi arrivano fino a 15 o 20 metri sotto il piano campagna, per poi ricoprire con terra buona ed eludere i controlli. Proprio come sul litorale casertano 15 o 20 anni fa.

D'altronde c'era da aspettarselo: se 20 anni fa l'imprenditoria italiana, che già all'epoca si lamentava di questa o quella "crisi", sfruttò la pericolosa alleanza con le mafie per spedire in Campania una cifra che oggi è stimata attorno ai 30 milioni di tonnellate di rifiuti tossici, nel tempo, quella stessa imprenditoria ha imparato a muoversi con i suoi piedi, diventando a sua volta ecocriminale, e risparmiando anche il costo del trasporto verso sud. E si sa, in tempi di crisi...

Di sicuro anche in questo caso la mortifera alleanza con le mafie non è mancata. Lo si evince dalle intercettazioni telefoniche, quelle che si vorrebbe eliminare ad ogni costo, durante le inchieste Cerberus e Parco Sud, che hanno ricostruito gli affari della ’ndrangheta a partire dai territori di Corsico, Buccinasco e Trezzano sul Naviglio. Ancor più significativa una delle rare ammissioni di un imprenditore, raccolta dagli inquirenti durante le indagini: "In sostanza il movimento terra è monopolio dei padroncini calabresi ma, a parer mio, la responsabilità di tutto ciò è anche dei committenti che permettono a costoro di lavorare sottocosto. I calabresi spesso non hanno alcuna autorizzazione e soprattutto, dopo gli scavi, non conferiscono il materiale inerte nelle discariche autorizzate ma lo buttano in giro". E ancora: "I prezzi sono buoni perché queste imprese spesso e volentieri operano smaltimenti abusivi di materiali tossici, non sostenendo così i costi" di un corretto trattamento.

Ancora una volta, la Campania, rimasta inascoltata, avrebbe dovuto fare scuola: scavare, spostare terra, riempire cave, smaltire rifiuti tossici falsa il mercato, attrae industria ed imprenditoria verso il lavorare fuorilegge, come è stato dimostrato dalle inchieste e, soprattutto, ricorda Legambiente, provoca disastri ecologici. In tutta l'Italia.

Ma sono disastri che in qualche modo si accetta e si ammette, sacrificando non solo la legge ma anche la nostra salute: c'è la "crisi", e l'industria italiana per essere competitiva sul mercato globale deve tagliare i costi. Anche quelli dell'eliminazione delle proprie scorie, dei propri scarti di produzione. A noi invece, come disse non molto tempo fa qualcuno molto famoso, tocca essere ottimisti.

domenica 25 luglio 2010

Consiglio comunale del 23 Luglio

Il consiglio di venerdi è stato tutto sommato veloce, ci sono stati all’ordine del giorno i seguenti punti:

- Comunicazione sull’esito del controllo di monitoraggio della corte dei conti sul rendiconto 20008
- Regolamento per l’alienazione dei beni immobili di proprietà comunale, modifiche e approvazione
- Acquisizione terreni su cui ricadono opere pubbliche, elenco
- Declassamento di una strada vicinale di Gardinina, approvazione
- P.U.A. del comparto DE2 in loc. Gabbricce- Serfignano – Annullamento delibera del C.C. n° 54
- P.U.A. del comparto DE2 in loc. Gabbricce- Serfignano – approvazione
- Piano di recupero RI7 Centro Arredamenti del Chianti, approvazione
- convenzione TU11 loc. Montarioso, approvazione.

L’assessore ai tributi ha illustrato i chiarimenti sul monitoraggio del rendiconto del 2008 dove alle relative note della corte dei conti ha risposto con dati analitici punto per punto.
Il punto successivo per il regolamento per l’alienazione dei beni immobili c’è stato delle modifiche in quanto il piano delle alienazioni stesse deve essere presentato unitamente al bilancio di previsione annuale e triennale ai sensi del D.G.Lgs. 267/2000, in più si fa riferimento ai beni espropriati che sono beni indisponibili del Comune fino a quando non vengono inseriti nel piano delle alienazioni allegato al bilancio, in questo modo si determina la conseguente classificazione nel patrimonio disponibile.

Per l’acquisizione dei terreni su cui ricadono opere pubbliche il discorso è semplice e nello stesso modo complicato perché alcune particelle sono dovute ai lavori di ampliamenti di cimiteri, altre dovute ai lavori di lottizzazione concluse e ricadono nelle vie, per esempio su via delle Vigne alla Tognazza oppure su via del Pino a Fornacelle o di strade di intere lottizzazioni mai prese in carico come in loc. Carpineta a Santa colomba, atto che risale addirittura all’88.
Per questo abbiamo chiesto in sede di commissione all’assessore Violetti di farci avere dei chiarimenti riguardo alle suddette strade, che in alcuni casi ( via delle vigne, via delle rose e a Montarioso ) sono in uno stato pessimo, quindi una volta acquisite diventano dei costi per l’amministrazione in fatto di asfaltatura di illuminazione pubblica e infine di sicurezza per la circolazione con la conseguente richiesta di risarcimenti da parte di terzi per le varie casistiche ( caduta di pedoni/ motociclisti e parti rotabili delle autovetture ) Quindi volevamo sapere se per i lottizzanti, ci fossero state a suo tempo delle prescrizioni particolari, nelle convenzioni a costruire, riguardo a come dovessero lasciare le strade stesse, ma l’assessore ha risposto di no, che l’unico vincolo era la costruzione del parcheggio alla Tognazza, e soprattutto che queste acquisizioni vengono da molti anni indietro, e non possiamo escludere altre acquisizioni che sono rimaste da fare in quanto possono essere fatte soltanto dopo che l’opera è conclusa.

Il declassamento della strada di Gardinina è un atto dovuto alla richiesta dei proprietari dei terreni che chiedono la dismissione della stessa, in quanto la strada vicinale in questione non esiste più, sia nelle cartografie aeree da svariati anni, sia fisicamente, dovuto alla lavorazione continua dei campi, ma soprattutto non può considerarsi di interesse pubblico.
Era una strada che collegava le case di Gardinina allo Staggia, quando l’accesso all’acqua aveva un senso di sopravvivenza, adesso che non è più cosi, e fatte le dovute riflessioni in commissione, è possibile accettare la richiesta dei proprietari.

Il ritiro della delibera del comparto DE2 Gabbricce in quanto manca una votazione sull’osservazione della Provincia, quindi un errore formale che inficia l’atto.
Al punto successivo le votazioni per l’approvazione del comparto DE2, che ovviamente ho votato contro con le motivazioni del consiglio precedenti.

Per l’approvazione del piano di recupero area RI7 - del Centro Arredamenti dl Chianti-
C’è da fare alcune premesse perché è da anni che viene rimandato questo recupero, dovuto alla fisionomia del progetto, dove le volumetrie/numero degli appartamenti non era consono al regolamento urbanistico che impone due garage per ogni appartamento, quindi riuscire a ricavare 25 appartamenti ( cioè il massimo ) da parte dell’impresa non era un problema, il problema era che non riuscivano a starci i parcheggi dentro il perimetro del recupero, cosa essenziale per il regolamento urbanistico vigente.
Ci sono state presentate dalla maggioranza, nelle varie commissioni che si sono susseguite, e ho potuto essere presente, diverse soluzioni, tra cui la proposta della vendita del sottosuolo della piazza di via 2 Giugno da parte del comune, ( con la scusa della sistemazione della superficie sovrastante del parcheggio stesso da parte dell’impresa ) con la cessione dei relativi diritti di superficie, ( cosa non fattibile per legge, deve andare a gara pubblica ) al costruttore del comparto, per far realizzare i parcheggi che all’interno del comparto non era possibile realizzare.
Cioè dare una mano al costruttore, con un escamotage, per massimizzare i volumi del comparto che altrimenti non avrebbe raggiunto, costretto a far rientrare i 2 posti auto per appartamento all’interno dello stesso, cosa bocciata dall’opposizione in toto, con una parte della maggioranza che si è vista in difficoltà su dei problemi oggettivi di conseguenza ha fatto retromarcia, poi un’altra soluzione propostaci dalla maggioranza è stata, non più acquisizione del sottosuolo di piazza 2 giugno ma l’alienazione da parte del comune di una fetta del verde pubblico, per poi venderla, ovviamente a trattativa privata diretta ai lottizzanti, non più come verde pubblico, ma bensì traformato magicamente in parcheggio pertinenziale al comparto, cosa che io ho sconsigliato vivamente anche al segretario comunale dicendogli che se la proposta precedente si poteva paventato un reato questo lo era a tutti gli effetti.
Infatti nella sera stessa della commissione anche questa proposta è stata scartata, con una nota del capogruppo della maggioranza che invitava la giunta e il sindaco a trovare con i proprietari soluzioni condivise che non andassero oltre la superficie del comparto del recupero.
Cosa scontatissima visto che il regolamento urbanistico parla chiaro, appartamenti e parcheggi devono stare dentro al comparto, non ci sono scuse.
Poi nell’ultima commissione prima dell’approvazione in consiglio è stato portato una lettera, dove i proprietari si impegnavano a farci stare dentro al perimetro del recupero i parcheggi, come da regolamento urbanistico, si vede che gli era arrivato all’orecchio che erano pronti degli esposti da portare in procura, e hanno convenuto questo, meglio tardi che mai.
Il problema è che l’accesso al comparto, nonostante sia confinante con 2 strade pubbliche, ( via XXV Aprile e via 2 Giugno ), viene concesso, grazie alla maggioranza, dal vialetto pedonale che accede al giardino pubblico in quanto nella convenzione che le parti andranno a firmare all’articolo 3 è stata inserita questa dicitura; il Comune provvederà a trasferire al soggetto attuatore il diritto di passo per tutti i parcheggi in progetto.
Sembra una postilla da niente ma queste due righe faranno si che un passaggio attualmente ed esclusivamente pedonale diventi un passaggio carrabile a tutti gli effetti, con tutte le conseguenze che possono esserci nelle interferenze tra macchine e pedoni in un giardino pubblico, dove, sia anziani che bambini sono i frequentatori abituali.
Per questo dico no anche a questa modifica di facciata, perché oggi è possibile trovare soluzioni tecniche progettuali di ogni tipo per risolvere problemi di accesso al comparto, che ripeto, si affaccia su due vie pubbliche, e non ha bisogno di altri accessi fuori dal comparto stesso se non quello di fargli avere ( al costruttore ) meno problemi progettuali e la massimizzazione del recupero delle volumetrie che altrimenti non avrebbe di sicuro potuto raggiungere.

Il punto rimanente all’ordine del giorno è stato l’approvazione della convenzione urbanistica per delle costruzioni a Montarioso nel comparto TU11.

sabato 24 luglio 2010

I nuovi sfollati del terremoto...

La notizia arriva da Alba Adriatica, ma non è un caso isolato. I terremotati, che da mesi erano accolti negli alberghi, se ne dovranno andare. Sono soprattutto anziani e le loro valigie sono già fuori dalla porta. Terminato il periodo gestito dalla Protezione Civile e passate le competenze alla Regione Abruzzo, i pagamenti sono saltati e gli albergatori dicono chiaramente che non vivono di solidarietà.
La pagina della ricostruzione, costellata di buone intenzioni e di suggestioni di solidarietà, già da tempo scricchiola nelle cronache. I terremotati d’Abruzzo lamentano una modalità di ricostruzione a partecipazione “zero” che gli ha impedito di riappropriarsi della terra e delle città.

Sono venuti a Roma a dirlo, ma come risposta hanno avuto le manganellate della polizia. E poi gli scandali del macabro business dell’emergenza che hanno travolto la Protezione Civile. E ora l’incredibile epilogo degli sfollati. Le strutture ricettive non hanno più risorse per mantenere queste persone e chiedono che la questione torni alle Istituzioni.

I tempi in cui il premier apriva i cancelli di Arcore per qualche scatto fotografico con gli abruzzesi ospitati a pranzo sono lontani, nel tempo e nella memoria. L’Abruzzo non è più strategico e parlarne, per Berlusconi, significherebbe solo disseppellire problemi e punti oscuri. Non è più in agenda. Ci pensi la Regione. Da subito fu proprio il Presidente della Regione, Giovanni Chiodi, ad evidenziare i punti critici del piano C.A.S.E. del governo che, succhiando tanti soldi per nuove costruzioni, ne toglieva altrettanti alla rimozione delle macerie e alle messa in sicurezza di altri alloggi, partendo da stime frettolose e poco attendibili.

La fretta di ricostruire davanti alle telecamere ha lasciato per strada tantissime persone, i loro paesi e la città de L’Aquila. Sono state ricostruite città fantasma e sono stati lasciati i fantasmi nelle città di un tempo. Difficile che Vespa riproponga ora un plastico con i terremotati fuori dagli alberghi, meno che mai con il sultano che profferisce le sue promesse elettorali.

Era il 7 aprile 2009 e lui, il premier ottimista, aveva invitato gli abruzzesi a superare il momento delle lacrime. Pillole di speranza per tutti e incoraggiamento. Era in mezzo a loro, in maniche corte e caschetto da vigile del fuoco. Era il tempo dei bagni di folla. “ Andate al mare” - aveva detto - paghiamo tutto noi: avete l’assistenza di tutti gli italiani” , “mettetevi la crema solare” era stato il vertice del cattivo gusto di una fiction che gli era tanto utile. E poi ancora “metterò a disposizione tre mie case per gli sfollati”. Quella gente negli alberghi c’è andata, a sopravvivere alla distruzione. E ora, a luci spente, le promesse sono terminate e nessuno sta pagando il conto.

Dove andranno gli anziani di Alba Adriatica e tutti gli altri che stanno sul mare? Li metterà ad Arcore, negli studi di Mediaset o magari gli verrà in mente di farci un reality? La Regione non ce la fa e, al momento, il governo se ne sta nascosto dietro ai paletti delle competenze, dimenticando promesse e annunci. Una ritirata quasi grottesca, che non può passare inosservata e che rende ancora più amaro e incomprensibile il risultato che è uscito dalle urne, nelle ultime elezioni regionali.

La vittoria del Pdl alla Provincia dell’Aquila è stata la mossa perfetta dello stratega dell’ottimismo e gli abruzzesi hanno creduto alle promesse. Berlusconi ha ottenuto, fino alla fine, tutto quello che era possibile conquistare con la propaganda. Per questo oggi gli alberghi dovrebbero presentare il conto alla Protezione Civile o direttamente al padrone di casa che ama impegnarsi in prima persona. Pagasse lui per gli sfollati del mare. Un colpaccio per un premier la cui fiducia è ai minimi dall’inizio della legislatura.

martedì 20 luglio 2010

Fare impresa in Italia....

Si corre il rischio di incontrarli a Portofino o a Taormina. A bordo di yacht o in lussuose ville prese in affitto a Porto Cervo. Sono prestanome, nullatenenti e finti indigenti che sfuggono al controllo dello Stato. Un sistema fiscale, il nostro, pieno di buchi da cui scappa in modo cronico il Paese degli affari fantasma. Quelli nati dall’evasione, dall’elusione fiscale o dalla truffa vera e propria. Il buco è di 100 miliardi l’anno di mancati incassi.

Una cifra che diventa ancora più ingiusta nel panorama della crisi economica generale che ci ha colpiti e la cui soluzione tempestiva è stata chiesta proprio al ceto medio, ai dipendenti e alle famiglie. Le più tassate e le più abbandonate dal welfare. Un capolavoro d’iniquità.

La manovra finanziaria promossa dal governo, i ricchi delle ville in Sardegna, quelli delle società che sono scatole vuote, o dei bilanci in perdita fallimentari, proprio non li vede, anzi. Li perdona e li condona. E la chimera di veder rientrare l’imponibile nelle mani del Fisco è rimasta tale. Gli evasori non si pentono e continuano a rastrellare affari su affari in modo illegale, in attesa del prossimo condono o dell’ultimo scudo fiscale. Quello che alle loro tasche costerà sempre meno delle tasse ordinarie.

Inutile dire che a mancare è la cultura della legalità e che a contraddistinguere l’economia italiana è un modo preciso di fare impresa che normalizza l’aggiramento delle regole e che tollera la prossimità con l’inciucio, quando va bene. Il governo ha dato prova, in diverse occasioni, di volere questa forma di deregulation per le imprese e gli affari e di non vederne né un pericolo né un’insidia per la giustizia sociale e per la legalità dell’intero Paese.

Depenalizzando il falso in bilancio, istituendo norme contro i lavoratori come l’arbitrato e lanciando la proposta di aprire un’azienda in un giorno, si stanno costruendo i presupposti per non uscire più da questa cancrena del sommerso e della contaminazione dell’economia con l’illegalità e con la criminalità.

Eppure Berlusconi, che di questa allergia alle regole fa la sua bandiera, porta a casa anche i voti dei tartassati. Perché se con i ricchi e con gli affari illeciti funziona la regola delle convenienza, con le fasce deboli funziona la strategia della propaganda. Quella che spopola in tv con la medicina delle social card o dell’ICI - solo per citare alcuni esempi- e che non dice di aver tolto alle famiglie tanti preziosi servizi come gli asili nido pubblici o il tempo pieno a causa di scuole sempre più povere.

Cosi le mamme, a parte la Ministro Gelmini, possono starsene a casa, rinunciare al lavoro e adattarsi ad una faticosa vita monoreddito, decidendo infine di non avere più figli. Ancora una volta i meno ricchi, gli affittuari, hanno pagato il prezzo del privilegio riservato ai benestanti proprietari di un immobile.

La manovra fiscale aggira la scandalosa falla dell’evasione. Per la nostra marea nera non sono previste misure d’intervento, nemmeno straordinario. Tanto il conto dell’emorragia lo pagano i dipendenti e le fasce sociali più deboli. Esattamente come i falsi invalidi li pagheranno i veri invalidi, che vedranno le loro pensioni decurtate mentre commissioni finte regaleranno oboli di illegalità per alimentare simil ammortizzatori sociali "fai da te".

Questo è il ritratto di un Paese al rovescio. Dove nessuno è ricco e dove i finti poveri vivono di lusso. Non si vuole estirpare il danno dell’evasione, perché lì sta lo zoccolo duro che muove i soldi e il potere delle upper class corrotte. I fantasmi del fisco sono le icone della corruzione che ci rincorre in giro per il mondo. E sono quelli che non avrebbero il diritto di entrare mai in una scuola o in un ospedale pubblico italiano. Andassero in Svizzera o a Montecarlo, dove hanno scelto di custodire a nero i neri risparmi di una vita.

lunedì 12 luglio 2010

Resoconto del Consiglio Comunale del 12 luglio

Nel consiglio comunale del 12 di luglio non ci sono state grosse problematiche, un interrogazione del polo sul dopo scuola, 2 mozioni, una d'ordine per il comportamento del capogruppo Casaletti allo scorso C.C., una riguardo al pedaggio sulla SI-Fi, la modifica allo statuto di "Sienacasa", un paio di convenzioni, una modifica al bilancio di previsione 2010, poi l'approvazione del comparto DE2 Gabbricce, è qui che sono intervenuto con asprezza su quel comparto, ma non criticando la scelta politica come feci quando impostarono la cosa, ma con dati alla mano presi alla fonte, l'ufficio urbanistica.....

Questo il mio intervento:


Devo fare una premessa perché soltanto venerdi sono riuscito a parlare col Manganelli e farmi dare gli elaborati che avevo richiesto il 21 di giugno, quindi, con gli stessi ho potuto analizzate al meglio questa convenzione e ho notato alcune cose che avrei piacere di sottoporre al consiglio, visto che avevo provato a segnalare alcune incongruenze e problematiche, sia sul Centro arredamenti, sia su Gabbricce, come risulta dalla mia mail inviata il 16 giugno, con la quale pregavo al presidente della III commissione e al segretario di far mettere a verbale le mie perplessità, e successivamente informando il capogruppo Casaletti, come commissario di minoranza, per accertarsi che ciò fosse fatto realmente in sede di commissione in modo che gli uffici potessero verificare e magari spiegare il tutto, ma ho ricevuto soltanto risposta dal segretario con una mail datata 19 giugno che mi informava quanto segue:


Dalla lettura dei verbali della Commissione, rilevo che sono riportate a verbale dichiarazioni di Consiglieri (nella fattispecie il Capogruppo Giacopelli) che non fanno parte della Commissione.

Faccio presente che i Consiglieri che intendano partecipare alle Commissioni di cui non fanno parte (anche come Capigruppo) non hanno alcun diritto di intervento e tantomeno non possono pretendere di far risultare a verbale alcuna loro dichiarazione.

Tra l’altro, in sede di Conferenza dei Presidenti delle Commissioni consiliari, a cui il sottoscritto ha preso parte, era stata concordata questa linea di indirizzo per i lavori delle Commissioni.


Visto che nel regolamento del funzionamento del C.C. non ci sono riferimenti alla conferenza dei presidenti delle commissioni, e la successiva mia richiesta del verbale stesso al segretario, non ha dato esito positivo, vorrei capire come mai questa uscita- Casomai il presidente di commissione, caso per caso, può valutare se mettere o non mettere a verbale dichiarazioni dei presenti, oppure il segretario poteva farmi presente che non era possibile mettere a verbale le mie dichiarazioni perché non ero presente fisicamente alla commissione, e questa poteva sembrarmi più plausibile, come pretesto, ma non c’è nessun riferimento a tutto ciò, quindi, da cosa è nata?


Non sarà forse che le mie dichiarazioni ( perplessità) erano pertinenti?, visto che il Capogruppo Casaletti che era commissario ha sostenuto la mia tesi, infatti possiamo vedere che gli atti, che erano passati in commissione, compreso l’alienazione e valorizzazione di verde pubblico di piazza 2 Giugno per compensare la mancanza di parcheggi al recupero del comparto di via XXV Aprile, non sono state inserite all’ordine del giorno qui presente, e dal responsabile dell’ufficio Urbanistica, Manganelli, ho avuto conferma che i miei dubbi erano reali, su quell’intervento.


Detto questo, passerò ad illustrare in quest’aula alcune mie perplessità, anche tecniche, sul comparto di Gabbricce, che potevano essere riscontrabili dagli uffici, ma adesso non più, in quanto siamo fuori tempo massimo, arrivati all’approvazione dello stesso.


prima di tutto mi sarebbe piaciuto fare un emendamento alla presente convenzione, cioè:

Dove è specificato che nel comparto DE2 le destinazioni sono industriale artigianale direzionale e cosi via…


Inserirei al loro posto: In base al piano di lottizzazione del comparto DE2 le destinazioni d’uso ammissibili sono esclusivamente quelle industriali e quelle artigianali. Altri usi, quali, Direzionali e Commerciale, sono espressamente vietati in virtù dell’insufficienza, nell’area di trasformazione, di spazi per urbanizzazione primaria ( art. 5 del DM 68 ), come confermato dal responsabile dell’ufficio urbanistica.


Poi, nella convenzione all’articolo 7 si fa riferimento alle cessioni da parte dei lottizzanti delle aree pubbliche, lo dice la convenzione stessa, di tutte le aree a verde, SIA QUELLE COMPRESE NEL PERIMETRO DELLA LOTTIZZAZIONE, CHE QUELLE SITE LUNGO LA STRADA SIENA FIRENZE,


Ecco, il problema sta proprio qui, nel calcolo obbligatorio degli standards della lottizzazione come si evince dagli elaborati in mio possesso ( che ho richiesto al Manganelli ) sono state inserite tutte le aree a verde comprese nel perimetro e lungo la strada, cosa che non può essere assolutamente fatta, proprio perché espressamente vietate all’articolo 3 del DM 68, che nel definire il “verde pubblico” – così come qualificato anche nella presente convenzione - specifica come debba essere questo “ VERDE PUBBLICO”


Art, 3 …….Devono essere aree per spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport, effettivamente utilizzabili per tali impianti con esclusione di fasce verdi lungo le strade, quest’ultime, come esplicitamente riportato in convenzione.

Allora se pensate che stia esagerando mi sono preso la briga di guardare la differenza tra aree a verde e aree attrezzate disciplinate dal Regolamento regionale n. 2/R del 2007.

Nel calcolo sono stati considerate le aree di verde urbano, al posto del verde attrezzato, come ci conferma la descrizione all’articolo 12 al numero 1 recita: . Il verde urbano è costituito dall’insieme delle componenti vegetali interne e limitrofe al perimetro dell’area urbana, siano esse pubbliche o private, che concorrono a garantire l’equilibrio ecologico e sono indispensabili a compensare le emissioni di anidride carbonica derivanti dalle attività dell’uomo, nonché alla lettera B

le dotazioni di spazi verdi interni agli insediamenti e le fasce alberate di connessione con le aree di verde urbano più vicine


Mentre il verde pubblico attrezzato all’articolo 14 della stessa legge regionale è specificato:


1. Il verde attrezzato è costituito dalle aree adibite a verde pubblico dotate di:


a. infrastrutture per le attività sportive e legate al tempo libero; Che non vedo nel progetto


b. allestimenti fissi per spettacoli all’aperto ovvero predisposizioni per l’allestimento di spettacoli temporanei all’aperto;

anche questi lo vedo difficile che possano esserci, forse pensavano di allestirle nello spazio verde sulla rotonda, come spazio per gli spettacoli, perché sono 1000 mq circa, visto che anche quello era stato inserito negli standard


c. infrastrutture per l’intrattenimento ed il gioco;

E anche questo lo vedo difficilmente realizzabili, forse qualche panchina per l’operai delle ditte ma non penso che dei giochi per bambini possano essere sfruttati all’interno della zona produttiva, neanche inserendole nel perimetro di verde della lottizzazione perché come s’è detto non possono essere sfruttate ai fini delle dotazioni


d. attrezzature per gli animali domestici.

Forse questa è l’unica funzione a cui può assolvere la fascia di verde della lottizzazione, ci porteremo i cani a fare i bisogni, ma mi sembra veramente difficile che per questo motivo possa essere inserita come misura per gli standard obbligatori.


2. La dotazione di spazi di verde attrezzato è commisurata alle esigenze dei singoli insediamenti, desumibili dai quadri conoscitivi dei piani strutturali e degli atti di governo del territorio dei comuni.


Quindi tolte queste fasce di verde, che ripeto non possono essere considerate ai fini del calcolo degli standards obbligatori, la percentuale di spazi pubblici afferenti all’insediamento produttivo si riduce drasticamente, sino al 5;8 %, quindi molto al di sotto del famoso minimo del 10%.

Poi lo stesso calcolo, come impone l’art. 5 del DM 1444/68, deve essere fatto sull’intera superficie destinata a tale scopo.

Per cui oltre le superfici a terra, devono essere comprese ai fini del calcolo del famoso 10%, anche le superfici dei piani in altezza ( cioè se i capannoni sono ad uno o due piani ) in quanto atte ad ospitare altre attività produttive. ( vedi osmannoro )


Quindi la soluzione non può che essere quella di diminuire le superfici, quindi le volumetrie dei fabbricati da realizzare all’interno del comparto DE2 di Gabbricce.


Concludo dicendo che se approverete la convenzione concretizzerete un reato.

Qui non si tratta di condividere o meno una scelta politica, qui si entra nel penale, perché avvantaggerete di fatto i lottizzanti che possono concretamente fare superfici e volumi maggiori di quelli consentiti dalla disciplina urbanistica ed edilizia, in quanto il comune, un domani non può fare a meno di dare attuazione alla convenzione, rilasciando i permessi a costruire.

Se poi si verificassero dei controlli da parte degli organi competenti e si riscontrassero le irregolarità, il comune dovrà rispondere per danni nei confronti dei privati stessi a cui è stata fatta una più che legittima aspettativa presentando questo progetto di zona produttiva, quindi dopo il danno la beffa, quindi esorto tutti i consiglieri e il segretario che deve controllare la regolarità dell’atto a prendere in considerazione di ritirare lo stesso, per quello che ho appena dichiarato.



mercoledì 7 luglio 2010

SCANDALOSA AGGRESSIONE DI POLIZIA CONTRO AQUILANI

COMUNICATO STAMPA


FERRERO:

Roma, 7 lug. 2010 - "Prima hanno usato le loro sofferenze e poi li
hanno messi a tacere con il manganello. E' davvero scandalosa
l'aggressione violenta messa in atto dalle forze dell'ordine, che
hanno caricato e malmenato i cittadini aquilani terremotati che
manifestavano contro la manovra Finanziaria". Questo il giudizio del
segretario nazionale del Prc, Paolo Ferrero, riguardo agli scontri di
cui questa mattina sono stati vittima i cittadini de L'Aquila arrivati
nella capitale per protestare sulla manovra finanziaria del governo.
"Il presidente del consiglio ha fatto un sacco di chiacchiere e di
promesse mendaci e poi è sparito come un venditore di chimere -
dichiara Ferrero - Berlusconi ha utilizzato cinicamente per mesi la
ribalta del terremoto per farsi pubblicità, dispensando efficienza di
carta pesta e soluzioni illusorie a tutti i problemi. Adesso che i
nodi vengono al pettine, che i soldi sono finiti ma i problemi sono
rimasti irrisolti, che le popolazioni continuano a vivere
nell'indigenza ma il governo non sa come fare, Berlusconi non si fa
più vedere, mentre le forze dell'ordine caricano i manifestanti per
cancellare dalla vista il problema".

Ufficio stampa Federazione della Sinistra/Prc

Terremoto: marcia di aquilani su Roma, la polizia carica

.ROMA - Hanno invaso piazza Venezia e la vicina via dei Fori Imperiali, gli aquilani che marciano su Roma lanciando un "S.o.s. L'Aquila", chiedendo sospensione
delle tasse, occupazione e sostegno all'economia.

Sono circa 5 mila le persone arrivate dal 'cratere', oltre al comune
dell'Aquila paesi limitrofi come San Demetrio, Fossa, Torre dei
Passeri, in provincia di Pescara, e Sulmona, che pur non essendo stata
inserita nell'area dell'epicentro del sisma del 6 aprile 2009 ha
subito danni. I manifestanti, arrivati con 40 autobus e in auto,
sfilano lungo via del Corso diretti a Montecitorio e nel pomeriggio si
concentreranno in piazza Navona. Alla manifestazione, organizzata dal
Popolo delle carriole del presidio di piazza del Duomo, hanno aderito
tra gli altri i comitati '3 e 32', 'Rete Aq', 'Eva' (Eco villaggio
autocostruito), 'Cittadini per i cittadini' e gli universitari che
abitavano la Casa dello studente. I manifestanti vestono magliette con
su scritto "forti e gentili", come diceva D'Annunzio, "ma non fessi",
e portano bandiere nere e verdi, i colori della città.

TAFFERUGLI A MANIFESTAZIONE AQUILANI, FERITI - Il corteo degli
aquilani diretto a Montecitorio e' stato bloccato dai mezzi blindati
della polizia, messi di traverso all'imbocco di via del Corso. Ci sono
stati tafferugli tra una cinquantina di manifestanti e le forze
dell'ordine che attuano il blocco. E alcuni partecipanti alla
manifestazione hanno sfondato il secondo blocco che le forze
dell'ordine avevano posto circa a metà di via del Corso e hanno
raggiunto correndo piazza Colonna. La polizia è in assetto
antisommossa.

Due i feriti. Un giovane presente alla manifestazione dei terremotati
aquilani e' stato ferito alla testa. Il ragazzo racconta di aver
ricevuto due manganellate e presenta lesioni sanguinanti. ''Guardate
il sangue di un aquilano - ha detto dopo essersi rifugiato nella sede
di una banca in via del Corso - La mia unica colpa e' essere un
terremotato''. Un altro manifestante e' stato raggiunto da alcune
manganellate.

fonte ansa

lunedì 5 luglio 2010

Colpo di stato...monetario

Nel silenzio completo della politica italiana, a Bruxelles si darà vita ad una nuova puntata di quel colpo di stato monetario attuato dalla classi dirigenti ai danni dei popoli europei.
Mentre in Italia si discute di altro, In Europa stanno preparando una stangata pazzesca che se dovesse passare cambierebbe drasticamente la vita a milioni di persone. Si tratta delle prime prove di assaggio, strettamente informali, per il peggioramento del Patto di Stabilità. Domani infatti, il portavoce della cosiddetta Task Force, creata ad hoc lo scorso Marzo per il Presidente dell'Unione Europea Van Rompuy, presenterà ai soli Coordinatori dei gruppi politici della commissione economica del Parlamento Europeo, le linee guida su come tenere sotto controllo i bilanci dei singoli Stati europei. La linea su cui sta lavorando questa task force è quella fissata dalla Commissione Europea lo scorso 17 giugno e possiamo così riassumerla: Non fanno nulla per rimuovere le cause della crisi. Non tassano le transazioni speculative, non impediscono la vendita in borsa dei titoli allo scoperto, non bloccano i rapporti con i paradisi fiscali. In compenso usano lo spauracchio della speculazione per perseguire in modo accelerato l’obiettivo che da sempre hanno avuto le politiche neoliberiste e cioè il taglio della spesa sociale attraverso la riduzione dei deficit di bilancio.

La Commissione europea – formata da esponenti di centro destra e di centro sinistra – ha infatti deciso di peggiorare il patto di stabilità al fine di obbligare tutti gli stati ad una politica di bilancio più restrittiva che veda il taglio del welfare, delle pensioni, e della spesa sociale in generale. Queste misure, che si andranno a sommare ai 300 miliardi di tagli della spesa già decisi a livello europeo, avranno come unico effetto l’aggravamento della crisi. Infatti se si continua a tagliare la spesa sociale continuerà a diminuire la quantità di denaro nelle tasche dei lavoratori e con essi la domanda. La crisi si avviterà su se stessa. La fine dei lavori di questa task force è prevista per l’autunno ed è quindi necessario che da subito si accendano i riflettori sugli orientamenti della stessa. Nell’intendimento della Commissione europea, la modifica del Patto di stabilità dovrebbe dar luogo ad un sistema in cui i Paesi che si troveranno ad avere un deficit superiore al 3% in rapporto al Pil, e un debito superiore al 60% del Pil saranno obbligati ad un taglio drastico del deficit. Per “stimolare” i Paesi a tenere i conti in ordine sarà messo in campo un sistema basato su sanzioni e incentivi che, per essere credibile, sarà agganciato all'uso dei fondi europei e dovrà entrare in funzione con una procedura semi-automatica. Procedura semi-automatica vuol dire che nessun organo legislativo potrà intervenire al riguardo e che scomparirà ogni forma di sovranità popolare nel poter determinare la politica di bilancio del proprio paese. In pratica se non si rispetterà il dictat ci sarà una multa “semiautomatica”. Ma non è finita, perché questa “stangata semiautomatica” , si accompagnerà nei disegni della Commissione europea ad azioni di “stangata preventiva”. I Governi non soltanto dovranno mettere in piedi politiche di rigore, ma saranno sottoposti ad una sorveglianza speciale da Bruxelles che indicherà eventuali squilibri da correggere.

Ad esempio il sistema sanitario nazionale del nostro paese, potrebbe essere considerato come uno squilibrio macroeconomico non congruo con il resto del mercato europeo, come lo potrebbe essere il contratto nazionale del lavoro, che difende troppo i diritti dei lavoratori e non permette la giusta competitività. Non solo i nostri governi futuri avranno una ulteriore limitazione della sovranità in campo economico, ma dovranno sottostare alle scelte neoliberiste che verranno imposte dall'Europa e si attueranno in procedura semi automatica. Senza possibilità di opporsi o di modificarle. Come abbiamo detto, dopo la tappa di mercoledì, la parola passerà al Consiglio dei ministri delle Finanze Ue, convocato per il 12 e 13 luglio prossimi con l'obiettivo di arrivare al varo delle nuove regole al vertice Ue di ottobre. Occorre svegliarsi prima che sia troppo tardi. Per questo parteciperemo nei prossimi giorni al Forum Sociale europeo di Istambul. Per questo proponiamo a tutte le forze della sinistra di organizzare insieme una mobilitazione contro la politica del governo ma anche contro le politiche europee che prevedono una distruzione strutturale del welfare e un peggioramento epocale delle condizioni di vita e di lavoro di milioni di persone. Invece di baloccarsi con discorsi astrusi sul governo occorre costruire qui ed ora una opposizione di popolo alle manovre dei tecnocrati di Bruxelles perché altrimenti, nei prossimi anni, chiunque sarà chiamato a governare dovrà applicare i dictat “semiautomatici” ma brutalmente antisociali della Commissione Europea. La necessaria cacciata di Berlusconi non può farci diventare così provinciali da lasciare in ombra il contrasto alle disastrose politiche europee costruite in modo bipartisan da centro destra e centro sinistra. Perché la destra la si batte solo se all’Europa dei capitali saremo in grado di contrapporre un movimento di massa per una Europa sociale, democratica ed egualitaria.