Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia

Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia

lunedì 2 agosto 2010

Bologna, 2 Agosto 1980

Quel 2 di agosto del 1980 alla stazione di Bologna, doveva essere una giornata particolare, non come le altre, perché contrassegnata dalla felicità, dalla leggerezza, forse dalla spensieratezza di una partenza agostana per le vacanze; come tutti gli anni, come sempre. E invece dentro quella sala d’aspetto, alle 10.25, un’esplosione di terrificante potenza che devasta un’intera ala dell’edificio. Poi solo macerie, corpi inerti, urla e strazio, brandelli di carne sparsi in ogni dove; impossibilità a capire, voglia di aiutare e di soccorrere, ma senza sapere bene dove mettere le mani. Poi accuse di responsabiltà, infiniti depistaggi, ambiguità e segreti di Stato che ancora sopravvivono, indifferenti alla verità e al più basilare senso della giustizia.

Oltre 20 chili di esplosivo, di puro odio, per annichilire un’intera città. Che pure, passato il primo momento, reagisce orgogliosa e mette in moto una macchina imponente di soccorsi, aiuti, solidarietà, nel più puro stile romagnolo.

Quindi, ogni anno, tutti gli anni, l’unica cosa che si può fare per sconfiggere l’odio e le sue più perverse articolazioni: il ricordo. La celebrazione italiana della memoria, così come, fatte le debite proporzioni, la Shoah per gli Ebrei.
Una strage nostrana, particolarmente efferata e malvagia, in ricordo di tutte le stragi.

In fondo, a volte, il rito è importante, perché serve per conservare il senso della giustizia, per non abbassare la guardia, per dire sempre, ad ogni pie’ sospinto: “attenzione, mai più…” Per questo soprattutto è importante che lo Stato, ai suoi massimi livelli, quale suprema istituzione di garanzia, sia presente. Senza paura, a testa alta, assumendosi le proprie responsabilità per quello che non ha fatto in passato, ma anche e soprattutto prendendosi le proprie responsabilità per il futuro.

Ed è proprio questo il punto. La presenza dello Stato come garanzia per il futuro.
Alla commemorazione dell’uccisione di Paolo Borsellino, avvenuta il 19 luglio 1992, il governo quest’anno non c’era. Il 2 di agosto a Bologna, alla commemorazione della strage che ricorda tutte le stragi, il governo non c’è. Forse sottovalutazione, forse ignavia, forse paura. Fatto sta che non c’è. Né il Ministro della giustizia, né il Ministro degli interni, né il Presidente del Consiglio, né un oscuro viceministro o sottosegretario qualsiasi (l’esecutivo ne è pieno).

Solo la patetica presenza di un funzionario, l’ottimo Prefetto Trenfaglia, che, in quanto tale, in puro stile prefettizio (e altro non potrebbe fare) si limiterà a leggere un comunicato dove, immaginiamo, le virgole avranno un peso preponderante rispetto ad una decisione, ad una presa di posizione. Ma lui non c’entra.

Allora il pensiero va proprio a un conterraneo di Borsellino, Leonardo Sciascia, alla sua celeberrima categorizzazione della natura umana, così efficacemente menzionata nel suo romanzo più famoso, “Il giorno della civetta”: “uomini, mezz’uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà”.

Il Prefetto non c’entra, ma per tutti gli altri scegliete voi l’appartenenza più consona. Noi un’idea ce la siamo già fatta.

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