Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia

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mercoledì 26 maggio 2010

L'acqua e la finanza creativa...

Le seicentomila firme raccolte per i referendum dell'acqua devono aver preoccupato gli ispiratori del «quadro di nuove convenienze delineato dal decreto Ronchi» - per usare le parole del Corriere della Sera - che hanno quindi accelerato la loro azione volta a mettere a valore la ricchezza idrica.

Così sono cominciate le grandi manovre dei futuri despoti dell'acqua, timorosi di essere disarcionati prima ancora di cominciare. Primi a muoversi, Iride insieme a F2i, il Fondo fondato dalla Cassa Depositi e prestiti, Cdp e partecipato dalle grandi banche. E' opportuno a questo punto, prima di fare un passo avanti, farne due indietro.
Il primo è l'esame di Iride, da farsi subito, dato il rischio che Iride stessa sparisca in qualcosa di ancora più grande. Iride è una società controllata pariteticamente dai comuni di Genova e Torino.

La parte genovese è l'Amga (Azienda municipale gas e acqua) che negli anni 50-60 fa gli acquedotti, nel 1995 diventa Spa, si quota in borsa nel 1996, poi nel 2000 scorpora le acque in una società a parte, Genova Acque e nel 2006, con implacabile coerenza, riassorbe Genova Acque con gli altri acquedotti locali: De Ferrari Galliera e Nicolay.
Nasce Mediterranea delle acque, con una sigla che dovrebbe essere Mda ma è spesso indicata come Mad, in buona sostanza, pazza. Sempre nel 2006 la fusione con l'Aem torinese, società per azioni controllata dal comune di Torino, per dar vita all'Iride. Aem non ha direttamente acqua, ma controlla molto idroelettrico e, indirettamente, la Smat delle acque torinesi.

Il secondo passo indietro riguarda F2i (Fondi italiani per le infrastrutture). Esso nasce all'inizio del 2007 su impulso della Cassa depositi e prestiti, un'emanazione del ministero del Tesoro. Le banche e altri potenti sono invitati a partecipare, e partecipano in frotte, non si sa quanto spontaneamente. La raccolta si chiude al livello di 1,85 miliardi. Il Fondo comincia a darsi da fare e acquista per esempio il 60% della rete gas dell'Enel.

Attualmente partecipano al Fondo le banche per il 34%, le Casse previdenziali per il 24, le Fondazioni bancarie per il 24, le assicurazioni per il 9 mentre alle istituzioni dello stato rimane l'8. Ci sono poi Sponsor e Management, come nei fondi rispettosi degli usi e dei costumi. Tutto lascia pensare che F2i abbia molti quattrini da gettare nelle infrastrutture preferite, sotto la guida di Vito Gamberale, il manager prescelto da molti governi. Ma è tempo di fare il passo avanti promesso. Una nuova società dal nome promettente di San Giacomo raccoglie miracolosamente tutte le acque della zona e le trasforma in buone azioni.

Iride e F2i decidono dunque di dare l'assalto all'acqua, prima che sia troppo tardi. Il punto di partenza è il Nordovest di Genova e Torino. Il primo passo sarà quello di escludere i soci forti che sono Veolia, la multinazionale dell'acqua francese che ha il 17% e Impregilo che ha il 5 e i soci deboli con poche azioni in mano. Per tutti loro si fissa il prezzo di 3 euro per azione, un 15% al di sopra di quello corrente e che di certo tutti accetteranno. Poi le azioni saranno ritirate dalla borsa e inizierà un doppio percorso. Da una parte il Fondo crescerà a tappe successive in San Giacomo fino a raggiungere il 40%.

Dall'altra parte con i soldi in cassaforte (non certo i 237 miliardi indicati dal solito Corriere della Sera, ma 237 milioni che sono sempre una bella cifra) si partirà all'assalto di altre imprese sotto forma di Spa e a controllo pubblico-privato. Saranno prese di mira le imprese idriche pubbliche del Sud, a partire da quelle di Sicilia. Poi, siccome l'appetito, anche nel caso dell'acqua, vien mangiando, si adombra un assalto all'Acquedotto pugliese che però il presidente Nichi Vendola ha messo in sicurezza.

Il quadro dell'assalto finanziario, rapido e mirato, all'acqua pubblica, tanto per impedire che diventi bene comune, e con questo sia posta definitivamente fuori della portata di speculatori e affaristi, parte dunque da Genova e da Torino. E' chiara l'intenzione di spremere il massimo del profitto dal sistema idrico, facendo pervenire ai comuni assetati qualche euro di conforto e utilizzando il resto in affari sempre più mirabolanti.

Ma il bello della finanza - o il brutto, non sappiamo - è che si tratta di una razza di cannibali. Se il giorno 24 maggio si viene a sapere dell'accordo tra Iride e F2i, il 25 tutto il mondo è cambiato. Iride emette un comunicato congiunto con Enìa, la multiutility di Reggio Emilia, Parma e Piacenza. E' l'atto di fusione tra le due società. Tutto il potere a Reggio, tutte le azioni (o quasi) a noi della libera banca.

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