di Stefano Galieni
La semplice idea di realizzare per il 27
 ottobre una manifestazione pacifica e di massa contro le politiche di 
questo governo ha creato e sta creando aspettative e malumori. Promossa 
da forze politiche e sociali che non godono dei favori della ribalta, 
che non meritano la prima serata televisiva, apre contraddizioni enormi 
fra le persone stesse. Al di là delle adesioni confermate e degli 
impegni presi – ad oggi è previsto l’arrivo di un centinaio di pullman 
di cui la metà organizzata dal nostro partito – la si vorrebbe bollare 
in partenza come manifestazione minoritaria e tipica del “populismo di 
sinistra” ma i contenuti di cui è animata, fanno riflettere.
Il “No Monti” è un esplicito no alle 
politiche di austerity che stanno portando alla fame e ad una recessione
 irreversibile il Paese, un no al “fiscal compact” e ai tagli che questo
 comporta, un no alla demolizione del concetto di bene comune verso un 
contesto in cui tutto, anche le persone sono solo e soltanto merce. Ma 
racchiude anche una varietà di proposte politiche che arrivano dal 
basso, da chi si occupa nelle vertenze in atto, di difendere la qualità 
dei posti di lavoro, da chi considera il precariato una sciagura da 
evitare. Uomini e donne lontani anni luce dallo stuccoso dibattito sulle
 primarie, che invece di rinunciare alla politica cercano e propongono  
una alternativa, sentendosi nelle stesse condizioni di tanti paesi 
europei: Grecia, Spagna, Portogallo, Francia e non solo. 
Uomini e donne 
che vivono sovente una condizione di “non rappresentanza” e che 
pretendono di far sentire la propria voce. Ovvio che per l’informazione 
dominante simili aggregazioni siano da considerare come elementi non 
compatibili, al di fuori dalla politica dei salotti buoni. Sono le 
stesse testate che stanno dando ampio risalto a Grillo e a un Movimento 5
 stelle che, per le modalità monarchiche e messianiche in cui è gestito 
servono come il Valium ad ogni forma di contestazione. Non a caso, in 
contemporanea, coloro che si riconoscono in detto movimento, se ne 
staranno chiusi nel Palazzo della Regione Lazio, ad elaborare le prime 
tracce di un programma “partecipato”. 
Una contraddizione in termini. 
Sarebbe stato prezioso e utile che l’intero arco della sinistra che si 
dichiara contraria alle politiche governative, avesse preso la decisione
 di partecipare a questa manifestazione o comunque di interloquirci. 
Invece si è preferito, dai vertici, bollarla come minoritaria e di 
nicchia, come una manifestazione “vetero”. Alcuni giornali soffiano 
anche sul fuoco della possibilità che durante il percorso (partenza alle
 ore 14.30 da Piazza della Repubblica e arrivo a P.zza S. Giovanni) si 
possano verificare incidenti. Alimentare la paura fa spesso comodo. Fa 
meno comodo dire che ad aprire il corteo saranno alcuni malati di Sla le
 cui condizioni di assistenza sono messe in profonda crisi grazie a 
quella mannaia che si abbatterà sul sistema sanitario grazie al patto di
 stabilità.  
Eppure, nei sussurri che circolano fra i social network, in
 quel dibattito informale spesso più importante e stimolante delle 
grandi dichiarazioni, ci si sente dire:«Io sabato vengo in piazza». Si 
obbedisce ad una propria coscienza civica e politica più che alle scelte
 fatte da dirigenti lontani. La manifestazione di sabato è organizzata 
con infinite difficoltà logistiche e si concluderà con una assemblea in 
cui gli oratori non avranno a disposizione palchi stratosferici ma un 
camion. In piazza ci saranno gli spazi del Prc per raccogliere firme per
 i referendum su pensioni, ripristino dell’articolo 18 e abolizione 
dell’art. 8Saremo in tanti e in tante, più di quanto ci si aspetta, 
forse troppi per chi vorrebbe ridotto il confronto politico ad un talk 
show televisivo. Ma sarà una bella manifestazione. Peccato per chi 
sceglierà di restare a casa.


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