Hanno svalorizzato il lavoro, grazie all'impegno sistematico di più governi che si sono passati il testimone. Hanno svalutato i salari e le pensioni, mentre era in atto una riduzione drastica del welfare. Il futuro di ormai ben più di una generazione di giovani è stato sequestrato.
Così la crisi e chi la pilota, oggi, «ha la meglio» persino sui bisogni primari delle persone. Automaticamente le conseguenze del disastro vengono scaricate sui poveracci che non hanno né stock option né suv pagati dalla collettività per sopportare le valanghe di neve della Città Eterna.
E sembra a troppi persino normale che in queste condizioni si pretenda da chi ancora un lavoro ce l'ha, magari cassintegrato o precario, di rinunciare ai suoi diritti perché oggi come oggi non ce li possiamo permettere.
Il risultato è davanti agli occhi di tutti, persino di De Benedetti che scopre che le promesse di Marchionne erano favole.
Anzi, lui l'ha sempre saputo, ci ha
fatto sapere quando l'amministratore delegato Fiat ha tolto la maschera
che aveva solo per chi non voleva guardarlo in faccia: peccato che il
suo impero editoriale non abbia brillato nello smascheramento della
favole e nel sostegno degli operai di Pomigliano e Mirafiori.
Senza
investimenti, senza un progetto di politica economica e sociale
all'altezza della crisi, il lavoro scompare e l'incertezza domina la
vita di decine di milioni di persone. Fiat, Alcoa, Ilva sono solo i
titoli del disastro sociale, ambientale e democratico. Dall'isola dei
cassintegrati al campanile di San Marco c'è chi tenta di resistere
pretendendo un cambiamento delle politiche del governo, non possiamo
lasciare soli questi lavoratori.
La manifestazione indetta dalla Cgil
e dalla Fiom per il 20 ottobre a Roma dei dipendenti di tutte le
aziende in crisi, con la partecipazione di chi non riesce più a vivere
con una pensione sterilizzata, è un passo positivo e importante per non
lasciare soli i target del montismo, che siano in tuta o in camice, e
possiamo aggiungere per non lasciare sola la Fiom che troppo a lungo
sola si è trovata, in una lotta durissima contro la filosofia di
Marchionne e il marchionnismo dilagante persino tra i candidati alle
primarie del Pd e tra troppi sindaci democratici.
Piazza San Giovanni è
una buona piazza, una piazza che può dare fiducia e rappresentare il
primo di una serie di appuntamenti per restituire voce e protagonismo ai
lavoratori, ai pensionati, ai precari, ai disoccupati.
L'appuntamento
successivo dovrebbe essere lo sciopero generale nazionale,
inopportunamente cancellato dall'agenda della Cgil: non si tratta di
fare ginnastica, di autoconfermarsi, di agitare bandiere sbiadite ma di
togliere il tappo a un paese tramortito e troppo a lungo zittito, ma non
ancora piegato alle leggi del dio mercato. Una grande manifestazione in
piazza San Giovanni e poi uno sciopero generale per dire che c'è
un'altra Italia oltre a quella liberista che ci comanda per interposto
governo e oltre a quella dei suv, delle vacanze ai Caraibi, insomma
un'altra Italia da quella dei ladroni e dei padroni.
È importante che
la Cgil, e non solo la Fiom, abbia deciso di dare un segnale nell'unico
paese europeo in cui gli altri sindacati non aderiscono agli scioperi
contro il modello economico che uccide lavoro, salari, pensioni e
diritti. La Fiom, accerchiata dall'esterno e che qualcuno anche
dall'interno vorrebbe far traballare, ha superato due prove importanti
nell'arco di sole 48 ore: mercoledì ha eletto una nuova segreteria
confermando la fiducia del gruppo dirigente nazionale a Maurizio Landini
e alle scelte difficili e radicali di questa stagione e ieri ha
raccolto l'ascolto e il consenso degli operai che più di tutti sono
sotto l'occhio del ciclone: gli operai dell'Ilva di Taranto, dove pure
la Fiom non aveva la maggioranza dei consensi, oggi ascoltano e
applaudono Landini che ha «il coraggio» di non scioperare e manifestare
insieme al padrone contro la magistratura e ricorda a tutti, in tuta o
in veste ministeriale, che chi minaccia il lavoro e attacca la salute è
il padrone.
Bisogna sapere chi è l'avversario principale e dove si
annida. E bisogna riconoscere anche gli altri avversari: il governo
Monti e la sua politica economica classista, lo stesso governo assente e
ostile chiamato in causa dai lavoratori dell'Alcoa, della Fiat, della
Vinyls e di tutte le aziende in crisi. In crisi di lavoro, ma anche di
democrazia.
San Giovanni è una prima risposta importante. Aspettando la prossima.
San Giovanni è una prima risposta importante. Aspettando la prossima.
Nessun commento:
Posta un commento