Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia

Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia

venerdì 2 aprile 2010

Le due facce della stessa medaglia…..

L'altra sera mi è capitato di imbattermi in un articolo interessante che secondo me riesce a far capire molto bene il periodo storico che stiamo attraversando, dove, il revisionismo storico cancella di fatto la resistenza nei libri di storia, per questo motivo colgo l’occasione per denunciare un’altro episodio accaduto dalle nostre parti, un atto vandalico sul monumento ai partigiani caduti in loc. scalvaia, di matrice fascista, che ci fa ripiombare negli anni più bui del nostro paese.



Il quotidiano la Repubblica denuncia che nei nuovi programmi di storia dell’ultimo anno dei licei è scomparsa la parola “Resistenza”. Dopo la seconda guerra mondiale, si passa direttamente alla guerra fredda. E la Resistenza? Ecco la risposta di Max Bruschi, consigliere del ministro dell’Istruzione Gelmini, alle domande della giornalista che ha redatto l’articolo: “Ma non ha letto qui, dopo la voce Onu? È ben esplicitato: ‘Formazione e tappe dell’Italia repubblicana’. Naturalmente è sottintesa la Resistenza. L’abbiamo inclusa senza citarla tra i capitoli fondativi della storia repubblicana. È un modo per rafforzarla, no?”.

No, onestamente non sembra proprio. Bruschi poi afferma che “la Resistenza continuerà ad essere affrontata come momento significativo della storia d’Italia” ed è scontato che sia compresa, “sarebbe come insegnare la matematica senza le tabelline”.

Sarà, ma non essendo esplicitamente citata, sorge il sospetto che il livello di approfondimento sia lasciato all’iniziativa del docente di turno che potrebbe anche, volendo, ometterla senza violare i programmi ministeriali.

Ma è un caso che la madre della nostra Costituzione e dell’Italia repubblicana non venga più menzionata nei programmi di storia del liceo?

Forse qualcuno ricorda la riforma Moratti delle scuole elementari e medie del 2004, che ha cambiato l’assetto dei primi otto anni di istruzione. Al varo della riforma sorse analoga polemica sull’evoluzionismo, stralciato di netto dai programmi di scienze. Al suo posto era comparso, ma solo nel programma di storia, il seguente punto: “La terra prima dell’uomo e le esperienze umane preistoriche. Passaggio dall’uomo preistorico all’uomo storico nelle civiltà antiche. Miti e leggende delle origini”.

L’evoluzionismo darwiniano, cioè, era stato relegato tra i miti e le leggende, a pari dignità con le teorie creazioniste della Genesi.

La levata di scudi di tutto il mondo accademico e scientifico fece fare retromarcia al ministro Moratti, che si affrettò subito a correggere la ‘svista’.

Il perpetrarsi di queste ‘sviste’ non ci fa certo stare tranquilli. Lo smantellamento della scuola pubblica, in corso da vari anni, non ha solo fini economici – come l’equiparazione con le scuole private a tutto vantaggio degli istituti cattolici – ma culturali. Saltare una parola qui e una lì, giocando sulla facile ambiguità del linguaggio, è un’operazione mirata di attacco all’istruzione e alla democrazia.

Sappiamo bene che in ogni regime totalitario l’istruzione segue dei canoni ben precisi, comprende ciò che va divulgato – e magari amplificato – mentre tace su ciò che è meglio non conoscere.

In Italia il percorso è iniziato da tempo sotto i vari governi Berlusconi. Vittime, oltre all’informazione – le censure televisive precedenti le elezioni regionali costituiscono un acme che dovrebbe convincere anche i più increduli – la scuola, l’università, la ricerca, nelle quali si introducono, a piccole gocce, visioni di parte, interpretazioni politiche e perfino religiose. A tal proposito, che il vicepresidente del più rappresentativo istituto di ricerca italiano, il Cnr, sia uno storico del cristianesimo, fa ridere a crepapelle tutta la comunità scientifica mondiale. Come può un uomo, condizionato in modo evidente dalla sua personale convinzione religiosa, assumere una carica così rappresentativa per la ricerca pubblica italiana? Roberto De Mattei, infatti, assolve al suo ruolo di vicepresidente sostenendo le teorie creazioniste della Bibbia contro quelle evoluzioniste di Darwin e, incredibile ma vero, è arrivato addirittura ad affermare pubblicamente che Adamo ed Eva sono due personaggi storici!

Tutto quadra quindi. La Resistenza, così come l’evoluzionismo, potrebbero destabilizzare delle coscienze fino a impedirne il controllo. Per un regime incipiente è inaccettbaile.



La notizia appresa dell’atto vandalico sul monumento ai partigiani caduti a Scalvaia è estremamente preoccupante. La matrice fascista è di indubbia evidenza e le minacce contenute nel volantino rappresentano un offesa non solo al popolo di Monticiano ma a tutti i democratici della nostra provincia e del nostro Paese.

Il gesto è estremamente preoccupante e l’evoluzione dello stesso (così come descritto nel volantino di rivendicazione) può rappresentare un ulteriore pericolo alla democrazia già piegata dai tanti provvedimenti governativi. Tale gesto deve trovare ferma indignazione da parte di tutta la società civile che in questa terra trova le sue fondamenta proprio nelle gesta e nei sacrifici di questi partigiani che in molti casi a prezzo della vita garantirono la libertà e la democrazia di questo Paese.

Noi siamo enormemente preoccupati della fase politica e sociale che il Paese attraversa. La difficile situazione economica che i lavoratori stanno subendo si affianca al tentativo sempre più spesso realizzato della riduzione dei diritti conquistati con le lotte nei decenni passati. Nel contempo la memoria per la storia del nostro Paese subisce continui attacchi revisionistici tali che ad oggi nella mente di molti è stata cancellata la differenza tra dominati e dominanti oppure tra sfruttati e sfruttatori.

Di fronte a questi casi occorrerebbe ripetere l’esperienza di quella “vigilanza democratica” che in alcuni casi nel passato ha impedito la fine della democrazia così come l’abbiamo conosciuta e contribuito a realizzare.

Se le esperienze del passato non sono ripetibili occorrerebbe almeno una indignazione generale che impedisca il ripetersi di simili fatti.

Per prima cosa ci aspettiamo quindi che non ci sia più indugio ad esempio sul voto della mozione su Mussolini. In alcuni interventi passati sulla stampa, qualche autorevole esponente politico della nostra città dichiarava che quella mozione apparteneva ad una fase storica chiusa e passata e riteneva che tali manifestazioni non fossero utili ad una sinistra moderna chiamata al governo delle cose serie che incidono sulla pelle dei lavoratori.

Secondo noi invece tutto quello che sta avvenendo in questo Paese fa parte di un contesto antidemocratico. Il vandalismo nei confronti di monumenti che rappresentano la storia di un Paese e gli attacchi ai diritti dei lavoratori (compreso il diritto ad una vita dignitosa) sono le due facce della stessa medaglia. E non è pensabile affrontare un problema senza affrontare l’altro. La sinistra, per moderata che possa essere, non può far finta che oggi non siamo al cospetto di un grave attacco alla nostra Costituzione e che per difendere i diritti dei lavoratori occorre anche essere coscienti che occorrano prese di posizione forti.

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