Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia

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sabato 15 gennaio 2011

A Mirafiori riparte la lotta di classe, perchè la dignità non ha prezzo.

I risultati del referendum tra i lavoratori Fiat a Mirafiori non lasciano spazio ad interpretazioni, nonostante la spudoratezza di certi commenti provenienti da altre sigle sindacali.
Il 47% di “No” segna oltre ogni dubbio la vittoria della dignità al cospetto di chi ha inscenato una vergognosa campagna ricattatoria contro gli operai pretendendo, in cambio di investimenti, la rinuncia a diritti indisponibili.
La Cgil si è schierata a fianco della sua categoria, rivendicando la dignità del sindacato maggiormente rappresentativo e di tutti i lavoratori, e ha poi assistito indignata alle intollerabili prese di posizione del premier Berlusconi a sostegno dell'irresponsabilità dell'ad Fiat Marchionne.
Ora governo e azienda devono prendere atto dell'esito del voto ben aldilà della risicatissima vittoria del “Sì”. La competizione al ribasso - quella che incide sulla riduzione del costo del lavoro e delle garanzie sociali lasciando intatte le vere ragioni del pauroso deficit di competitività del Lingotto - non aiuterà certo la Fiat a stare sul mercato globale.
E' dunque necessario che i vertici aziendali cambino immediatamente atteggiamento, rispettando fino in fondo le prerogative di tutti i dipendenti preoccupati sia per il loro futuro sia per la lesione sistematica dei diritti prevista dall'accordo stesso. La vertenza resta dunque aperta.
E qualora dovessimo continuare ad assistere a provocazioni – a cominciare da nuovi ricatti contrapposti alla sacrosanta protesta – noi lanceremo immediatamente la proposta di nazionalizzazione della Fiat. Perché stiamo parlando di un patrimonio dell'Italia e dei suoi lavoratori.


Nonostante il ricatto morale e materiale al quale erano sottoposti, " o voti si o ti mandiamo in mezzo ad una strada" , quasi la metà complessiva degli oltre 5.000 lavoratori dello stabilimento FIAT di Mirafiori ha deciso eroicamente di non piegarsi ai "dictat" di Marchionne e al suo piano industriale neo-schiavista . Decisivo per lo spostamento del verdetto finale in favore del SI è stato il voto favorevole dei 500 impiegati e dirigenti intermedi i quali partecipavano al voto anche se l'accordo sui quali erano chiamati ad esprimersi non toccava minimamente le loro posizioni contrattuali.

La memoria non può che tornare quindi al 1980 quando la cosiddetta "marcia dei colletti bianchi" impose la fine dell'occupazione dello stabilimento Torinese che durava ininterrotta da 35 giorni, segnando forse la più cocente sconfitta del movimento operaio del dopoguerra. Da allora, in questi ultimi trent'anni, la classe operaia ha vissuto il più brutto periodo della sua storia: ha visto l'introduzione del lavoro precario e interinale, il diminuire dei salari, l'innalzamento dell'età pensionabile e la perdita dei diritti sindacali. Il tentativo attuale del padronato, del quale gli accordi di Pomigliano e Mirafiori sono solo rappresentazioni, va oltre anche a queste sconfitte: si vuole di fatto, riportare i metodi produttivi all'800 e le condizioni dei lavoratori a quelle dello schiavismo.

Ieri come oggi, per perseguire i loro interessi, i padroni hanno trovato degli alleati all'interno dei lavoratori stessi, nei sindacalisti "gialli" e nei capi-reparto. Laddove non può la disperazione personale dell'operaio arriva il padrone a corrompere, a comprare,dividere, mentire e ingannare: A mettere gli uni contro gli altri i lavoratori.

Resta il fatto che nei centri produttivi dello stabilimento, nelle carrozzerie il NO ha vinto ovunque, e senza il voto dei "quadri" asserviti, il NO avrebbe vinto, anche se di misura, nel totale dei lavoratori. Marchionne non esce quindi per nulla vincitore da questo scontro. Da oggi infatti egli è consapevole che la maggioranza degli operai lo avverserà continuamente, che questi potranno contare nel futuro anche dell'appoggio di chi ha votato SI solo per disperazione, che attorno alla resistenza eroica degli operai di Mirafiori si sta serrando un fronte unitario di lotta pronto a mettere in piedi uno sciopero generale ad oltranza.

Insomma se trent'anni fa Mirafiori segnò la fine della lotta di classe in Italia, oggi Mirafiori può e deve diventare l'emblema e il punto di partenza di una nuova stagione di lotta operaia.

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Non c'è nessuna vergogna nella resa degli operai della Fiat. Ciò che doveva avvenire è avvenuto implacabilmente. La classe operaia italiana è livellata sotto il rullo compressore della reazione capitalistica. Per quanto tempo? Nulla è perduto se rimane intatta la coscienza e la fede, se i corpi si arrendono ma non gli animi.
Gli operai della Fiat per anni e anni hanno lottato strenuamente, hanno bagnato del loro sangue le strade, hanno sofferto la fame e il freddo; essi rimangono, per questo loro passato glorioso, all'avanguardia del proletariato italiano, essi rimangono militi fedeli e devoti della rivoluzione.
Hanno fatto quanto è dato fare a uomini di carne ed ossa; togliamoci il cappello dinanzi alla loro umiliazione, perché anche in essa è qualcosa di grande che si impone ai sinceri e agli onesti.

(tratto da Antonio Gramsci, "L'Ordine Nuovo", 8 maggio 1921)

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