Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia

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domenica 10 gennaio 2010

Anno nuovo problemi vecchi

La prossima settimana ripartono le commissioni consiliari e gli appuntamenti non mancano, ma soprattutto si riparte con l’urbanistica, il vero motore della macchina comunale.
I problemi però sono all’ordine del giorno, infatti nello scorso consiglio comunale ho dovuto mandare una diffida ai dirigenti e a tutti i consiglieri a non compiere atti impegnativi verso l’esterno su una variante puntuale in loc. Castiglioncello in quanto difforme su vari punti.
Il problema di queste varianti e dei documenti sull’urbanistica in generale sono complessi e come ho già sollecitato i documenti da analizzare richiederebbero più tempo per approfondire ed entrare in merito alle situazioni e per dare un vero contributo in commissione, come sarebbe auspicabile, visto che le commissioni tutte, sono strumenti di supporto al consiglio comunale.
Basta pensare che la documentazione arriva in commissione, magari, dopo un mese di lavoro preparatorio dagli uffici tecnici, quindi è impensabile di dover analizzare e poter dare un contributo, il tutto nella riunione stessa.
Io non demordo, ho presentato anche una interpellanza con il titolo “stop al consumo del territorio”, perché penso e con i documenti richiesti all’ufficio urbanistica, ne avrò conferma, che non si può continuare cosi per motivi legati alla legge 1444/68, art.3-4-5 e 6, I quali precetti contenuti negli articoli sono talmente chiari che non occorre dire altro, infatti recita cosi:


RAPPORTI MASSIMI, TRA GLI SPAZI DESTINATI AGLI INSEDIAMENTI RESIDENZIALI E GLI SPAZI PUBBLICI O RISERVATI ALLE ATTIVITÀ COLLETTIVE, A VERDE PUBBLICO O A PARCHEGGI

Per gli insediamenti residenziali, i rapporti massimi di cui all'art. 17 - penultimo comma - della legge n.765, sono fissati in misura tale da assicurare per ogni abitante - insediato o da insediare - la dotazione minima, inderogabile, di mq 18 per spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio, con esclusione degli spazi destinati alle sedi viarie.
Tale quantità complessiva va ripartita, di norma, nel modo appresso indicato:

a) mq 4,50 di aree per l'istruzione: asili nido, scuole materne e scuole dell'obbligo;

b) mq 2 di aree per attrezzature di interesse comune: religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per pubblici servizi (uffici poste e telegrafi, protezione civile, ecc.) ed altre;

c) mq 9 di aree per spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport, effettivamente utilizzabili per tali impianti con esclusione di fasce verdi lungo le strade;

d) mq 2,50 di aree per parcheggi (in aggiunta alle superfici a parcheggio previste dall'art. 18 della legge n. 765): tali aree - in casi speciali - potranno essere distribuite su diversi livelli.
Ai fini dell'osservanza dei rapporti suindicati nella formazione degli strumenti urbanistici, si assume che, salvo diversa dimostrazione, ad ogni abitante insediato o da insediare corrispondano mediamente mq 25 di superficie lorda abitabile (pari a circa mc 80 vuoto per pieno), eventualmente maggiorati di una quota non superiore a mq 5 (pari a circa mc 20 vuoto per pieno) per le destinazioni non specificamente residenziali ma strettamente connesse con le residenze (negozi di prima necessità, servizi collettivi per le abitazioni, studi professionali, ecc.).

Art. 4.
QUANTITÀ MINIME DI SPAZI PUBBLICI O RISERVATI ALLE ATTIVITÀ COLLETTIVE, A VERDE PUBBLICO O A PARCHEGGI DA OSSERVARE IN RAPPORTO AGLI INSEDIAMENTI RESIDENZIALI NELLE SINGOLE ZONE TERRITORIALI OMOGENEE

La quantità minima di spazi - definita al precedente articolo in via generale - è soggetta, per le diverse zone territoriali omogenee, alle articolazioni e variazioni come appresso stabilite in rapporto alla diversità di situazioni obiettive.

1 - Zone A): l'amministrazione comunale, qualora dimostri l'impossibilità - per mancata disponibilità di aree
idonee, ovvero per ragioni di rispetto ambientale e di salvaguardia delle caratteristiche, della conformazione e delle funzioni della zona stessa - di raggiungere le quantità minime di cui al precedente art. 3, deve precisare come siano altrimenti soddisfatti i fabbisogni dei relativi servizi ed attrezzature.

2 - Zone B): quando sia dimostrata l'impossibilità - detratti i fabbisogni comunque già soddisfatti - di raggiungere la predetta quantità minima di spazi su aree idonee, gli spazi stessi vanno reperiti entro i limiti delle disponibilità esistenti nelle adiacenze immediate, ovvero su aree accessibili tenendo conto dei raggi di influenza delle singole attrezzature e delle organizzazioni dei trasporti pubblici.
Le aree che verranno destinate agli spazi di cui al precedente art. 3 nell'ambito delle zone A) e B) saranno computate, ai fini della determinazione delle quantità minime prescritte dallo stesso articolo, in misura doppia di quella effettiva.

3 - Zone C): deve essere assicurata integralmente la quantità minima di spazi di cui all'art. 3.
Nei comuni per i quali la popolazione prevista dagli strumenti urbanistici non superi i 10 mila abitanti, la predetta quantità minima di spazio è fissata in mq 12 dei quali mq 4 riservati alle attrezzature scolastiche di cui alla lettera a) dell'art. 3. La stessa disposizione si applica agli insediamenti residenziali in comuni con popolazione prevista superiore a 10 mila abitanti, quando trattasi di nuovi complessi insediativi per i quali la densità fondiaria non superi mc/mq 1.
Quando le zone C) siano contigue o in diretto rapporto visuale con particolari connotati naturali del territorio (quali coste marine, laghi, lagune, corsi d'acqua importanti; nonché singolarità orografiche di rilievo) ovvero con preesistenze storico-artistiche ed archeologiche, la quantità minima di spazio di cui al punto c) del precedente art. 3 resta fissata in mq 15: tale disposizione non si applica quando le zone siano contigue ad attrezzature portuali di interesse nazionale.

4 - Zone E): la quantità minima è stabilita in mq 6, da riservare complessivamente per le attrezzature ed i servizi di cui alle lettere a) e b) del precedente art. 3.

5 - Zone F): gli spazi per le attrezzature pubbliche di interesse generale - quando risulti l'esigenza di prevedere le attrezzature stesse - debbono essere previsti in misura non inferiore a quella appresso indicata in rapporto alla popolazione del territorio servito:
1,5 mq/abitante per le attrezzature per l'istruzione superiore all'obbligo (istituti universitari esclusi);
1 mq/abitante per le attrezzature sanitarie ed ospedaliere;
15 mq/abitante per i parchi pubblici urbani e territoriali.

Art. 5.
RAPPORTI MASSIMI TRA GLI SPAZI DESTINATI AGLI INSEDIAMENTI PRODUTTIVI E GLI SPAZI PUBBLICI DESTINATI ALLE ATTIVITÀ COLLETTIVE, A VERDE PUBBLICO O A PARCHEGGI

I rapporti massimi di cui all'art. 17 della legge n. 765, per gli insediamenti produttivi, sono definiti come appresso:
1) nei nuovi insediamenti di carattere industriale o ad essi assimilabili compresi nelle zone D) la superficie da destinare a spazi pubblici o destinata ad attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi (escluse le sedi viarie) non può essere inferiore al 10% dell'intera superficie destinata a tali insediamenti;
2) nei nuovi insediamenti di carattere commerciale e direzionale, a mq 100 di superficie lorda di pavimento di edifici previsti, deve corrispondere la quantità minima di mq 80 di spazio, escluse le sedi viarie, di cui almeno la metà destinata a parcheggi (in aggiunta a quelli di cui all'art. 18 della legge n. 765); tale quantità, per le zone A) e B) è ridotta alla metà, purché siano previste adeguate attrezzature integrative.

Art. 6.
MANCANZA DI AREE DISPONIBILI
I comuni che si trovano nell'impossibilità, per mancanza di aree disponibili, di rispettare integralmente le norme stabilite per le varie zone territoriali omogenee dai precedenti artt. 3, 4 e 5 debbono dimostrare tale indisponibilità anche agli effetti dell'art. 3 lettera d) e dell'art. 5, n. 2 della legge n. 765.

In sostanza vi è il principio che l’attività edificatoria privata non deve pesare sulla collettività e che con il pagamento degli oneri concessori il privato non fa altro che ripagare il Comune degli investimenti che il medesimo ha già effettuato in pregresso.
Per quanto riguarda la temporalità della ricerca e realizzazione delle opere di urbanizzazione (sia primaria che secondaria) vige il principio che nelle aree di nuovo impianto (o di lottizzazione come si vuol dire) il soddisfacimento della quantità necessaria (e non per forza minima, ma anche superiore al minimo per quanto sia infatti necessaria) deve essere effettuato all’interno della zona di nuovo impianto e contestualmente alla realizzazione della lottizzazione.
Per quanto riguarda le opere di urbanizzazione che devono soddisfare gli insediamenti già realizzati è il Comune che attraverso il programma triennale delle opere pubbliche (P.O.T.) deve programmarne la ricerca e la realizzazione in considerazione delle risorse finanziare disponibili.
Orbene, quando i privati ad esempio ristrutturano o costruiscono una piccola casetta o negozio, ecc. (al di fuori delle aree di lottizzazione) il Comune deve destinare i soldi incamerati a titolo di contributo di costruzione in appositi capitoli d spesa in modo che al momento giusto (ovverosia al momento della formazione del P.O.T.) sappia quante risorse finanziarie ha disponibili per andare a realizzare i servizi che necessitano agli insediamenti esistenti.
E’ ovvio che se il Comune invece di accantonare i soldi avuti dai privati per l’edificazione li spende per altre spese (anche correnti) che non riguardano gli investimenti obbligatori (in quanto necessari a sanare ed assicurare i servizi) ecco che compie abuso d’ufficio, distrazione di risorse pubbliche e gravi irregolarità di tenuta e formazione dei bilanci.
i Comuni al momento si avvalgono di una normetta inserita dal Governo Prodi che recita più o meno così: “I comuni possono spendere i soldi ricevuti per oneri di urbanizzazione anche per le spese correnti …”. Tutte le amministrazioni comunali hanno interpretato tale norma nel senso che è loro completa facoltà stabilire come utilizzare le risorse incamerate. In realtà, e per diritto, quando il legislatore usa il termine “può” sta ad indicare che devono prima essere soddisfatti i limiti legali che sussistono all’interno dell’ordinamento prima di poter (eventualmente) esercitare la facoltà.
Ne deriva che solamente dopo che il Comune dimostri che i soldi incamerati non occorrono per realizzare i servizi deficitari inerenti gli insediamenti già esistenti gli subentra la facoltà di spenderli anche per spese correnti (e quindi non per investimenti).

E’ questo il motivo per il quale l’edilizia nell’ultimo decennio è stata vista dai comuni come la mucca da mungere e da cui attingere il latte per soddisfare le loro sempre più inverosimili seti di spesa: il tutto a scapito del territorio e si badi bene anche della salute dei cittadini (perché la qualità dell’aria, dell’acqua, l’inquinamento sonoro, sono dirette conseguenze della fruizione del territorio e delle attività ivi insediate). Ne va della nostra salute !

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