Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia

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domenica 5 dicembre 2010

Un colpo di spugna per cancellare il diritto di sciopero!

Dopo che la legge detta “Collegato lavoro” ha posto in essere l’attentato
permanente ai diritti dei lavoratori, come sanciti nei contratti collettivi e
nelle leggi, compresa quella processuale, il governo, in conto proprio e per
conto di Confindustria, ha messo sotto tiro il diritto di sciopero.
A differenza di altri paesi europei, le procedure di sciopero nei servizi
pubblici in Italia sono già macchinose e lunghe, per rendere meno efficace lo
strumento e indebolire il potere di contrattazione dei lavoratori e delle
lavoratrici italiane.
La legge n. 146/90, infatti, stabilisce già oggi che, per poter effettuare la
prima azione di sciopero, tra procedure di raffreddamento e di conciliazione e
proclamazione, occorre che passi almeno un mese. In pratica se il padrone
licenziasse un lavoratore dei trasporti, la risposta di solidarietà e di lotta
per lui potrebbe scattare solo dopo un mese ...
Ma al peggio non c'è limite. Così, ecco che il 27 febbraio 2009 il Consiglio
dei ministri approva un disegno di legge delega in materia di sciopero nei
trasporti, che continua il suo cammino senza che nessuno lo fermi o si
opponga.
Il disegno di legge stabilisce il requisito minimo di rappresentatività del
50% per poter proclamare uno sciopero. Il sindacato che non lo possiede, ma
raggiunge una soglia di rapresentatività superiore al 20% può proclamare
sciopero solo se prima indice un referendum e ottiene il consenso di almeno il
30% dei lavoratori interessati. Una volta raggiunto il quorum, lo sciopero
dovrà rispettare le procedure previste dalla legge n. 146/90.
Il sindacato che ha meno del 20% di rappresentatività non potrà né indire il
referendum né proclamare sciopero.
Dietro la cortina fumogena delle dichiarazioni a favore dei diritti degli
utenti dei trasporti, risulta chiaramente che Sacconi (ormai prossimo al
“premio Nobel” come ministro contro il lavoro!), il suo governo, i partiti
concorrenti del cosiddetto centro-destra attivo per sfiduciarlo e, sotto sotto,
anche quelli di centro sinistra vogliono rendere impraticabile ogni forma di
sciopero nel settore, malgrado esso sia un diritto individuale e indisponibile,
cioè non sottraibile alla disponibilità di ogni singolo lavoratore.
E’ chiaro che non è democratico far dipendere l’esercizio del diritto di
sciopero dalla cosiddetta rappresentatività, in genere basata sulla debolezza
in cui si trovano oggi i lavoratori e sul clientelismo sfrenato delle “grandi”
centrali sindacali a caccia di iscritti cui offrire briciole di diritti.
La democrazia, infatti, consiste nel libero diritto di ogni formazione
sindacale di proclamare sciopero e nel libero diritto di ogni lavoratore di
aderirvi o non aderirvi.
Se si vedono anche alcuni altri aspetti del disegno di legge, non si può non
arrivare alla conclusione che l’obiettivo che esso si prefigge consiste nella
pratica cancellazione del dirito di sciopero.
Per esempio, l’obbligo di dichiarazione preventiva di adesione allo sciopero,
che costringe il lavoratore a dichiarare se ha intenzione di aderire allo
sciopero o no, col rischio di sanzione nel caso non rispetti quanto dichiarato.
E’ chiaro che quest’obbligo mira a scoraggiare il lavoratore dal partecipare
agli scioperi, perché, in tempi bui come gli attuali, lo pone nella condizione
di esporsi in prima persona, sottoponendolo alle intimidazioni e ai ricatti
della gerarchia aziendale e (perché no?) alle promesse di premi all’ “onore
crumiro”.
O l’inasprimento delle sanzioni in caso di azioni fuori dalle regole. Sanzioni
per migliaia di euro, che rappresentano minacce in stile “terroristico”,
perché precipitano tutti nella paura e nell’abbandono di ogni volontà di
lotta.
O lo sciopero virtuale: un ennesimo colpo di perfida fantasia del ministro,
che comporta la prosecuzione dell'attività lavorativa con perdita della
retribuzione per il lavoratore e il versamento da parte del datore di lavoro di
un contributo a un “fondo con finalità sociali”.
Con buona pace di chi pensa che lo sciopero dovrebbe essere uno strumento
utile a spostare a favore dei lavoratori i rapporti di forza col padrone!
Ma il Sacconi-pensiero ha già manifestato l’intenzione di partire dal settore
dei trasporti, per addomesticare tutto il resto del lavoro dipendente, non solo
pubblico (già disciplinato dalla legge n. 146/90), ma anche privato.
In questa prospettiva, il suo ministero ha già avviato il lavoro di
elaborazione di una disciplina generale anti-sciopero (una specie di “testo
unico” della materia), con la finalità di colpire tutti i settori lavorativi e
chiudere in una gabbia autoritaria il conflitto sindacale e quello in genere
sociale, per esempio sanzionando il blocco del traffico con multe di migliaia
di euro sulla testa di ogni manifestante.
Cosa che, se fosse in vigore già oggi, farebbe sganasciare dalla gioia il
ministro Gelmini, con tanti studenti e precari a bloccare strade e autostrade,
ponti, binari, piste aeroportuali!
Il 10 dicembre, giorno in cui i sindacati di base hanno proclamato uno
sciopero nazionale di 4 ore degli autoferrotranvieri contro i tagli al
trasporto pubblico locale e contro il disegno di legge anti-sciopero, non
sarebbe male che il movimento degli studenti e dei precari volesse dire la
sua.

1 commento:

  1. Il fatto è gravissimo...ma non mi meraviglia più di tanto perchè in un paese come il nostro che è diventato terra del non diritto,i lavoratori non sono più "soggetti" come voleva la Costituzione,ma "oggetti" in ostaggio dell'industria e dei diversi datori di lavoro,nel pubblico non è molto diverso.Oggi i "signori" datori di lavoro si sentono in diritto di manovrare come vogliono ogni cosa compreso i lavoratori...e il loro slogan è :vuoi lavorare? allora alle mie condizioni....Marchionne docet.
    E', non solo umiliante, ma destabilizzante per le coscienze civili...

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